L’enciclica del S. Padre, Francesco, non a caso prende in prestito il titolo, il verso, del Cantico del “primo” Francesco.
In un compendio di rara completezza per i temi trattati, egli racchiude tutto lo scibile umano e tutto quanto abbia un impatto anche “pratico” nella nostra esistenza quotidiana.
“Abra cadabra”, dall’ebraico “creo mentre parlo, oppure creo con la parola”, non è ovviamente la famigerata formula magica che tanto impressionava un tempo gli spettatori di fronte ad un numero di illusionisti, bensì la summa di quanto Iddio onnipotente, in “soli” sei giorni, abbia creato, ovvero realizzato dal nulla. Altrettanto ovviamente i sei giorni divini non corrispondono certo a sei giorni umani. Qualche studioso, tentando di calcolarne la durata in base ad antichi e forse ancor più rari documenti, azzardava l’ipotesi che un giorno divino corrispondesse a circa 9500 anni umani.
Per quanto suggestivo si possa trovare questo calcolo, nondimeno va riconosciuta una Bellezza del Creato che non deve essere stata opera che abbia richiesto relativamente poco tempo o, ancor di più, che sia stata frutto del caso, come i tifosi della Scienza assoluta vorrebbero.
Personalmente, da uomo di Scienza quale sono, non ho mai trovato contraddizione alcuna tra il mio essere profondo credente eppure, contemporaneamente, seguace del “dimostrato”. Ricordo nitidamente, da studente di Medicina del II anno, lo stupore immenso che mi prese all’atto di studiare l’anatomia del cervello umano: nella mia vita non ho mai avuto bisogno di prove dell’esistenza divina, tuttavia quella volta pensai a come si potesse dubitare dell’esistenza di Dio dal momento che Egli, al pari di innumerevoli altre meraviglie, avesse creato il cervello umano, un oggetto cioè di una complessità e di una perfezione davvero incredibili. Senza sforzo ho sempre considerato la Scienza colei che è responsabile dei meccanismi attraverso cui si manifesti la volontà di Dio: che si chiami Big bang, esplosione di una supernova, eccetera, per me, come per moltissimi intelletti ben più pregevoli del mio, sono solo “meccanismi”. Non credo che qualsiasi matematico possa risolvere l’enigma della creazione dell’universo senza scomodare realmente l’intervento divino! La perfezione non è frutto del caso, né certo dell’intervento umano.
Sono del resto innumerevoli le prove che l’essere umano sia stato fatto (“progettato”?) ad immagine e somiglianza divina. Un antico filosofo cristiano, Plotino, sul proprio letto di morte, si congedò definitivamente dai suoi discepoli dicendo loro “cercate di fare in modo che il divino che è fuori di voi si riconcili con il divino che è in voi!”
Da cristiano, oltre ad essere da sempre ammirato da quanto il S. Padre dica o scriva, per la semplicità disarmante, unita ad una rara capacità di carpire il senso autentico delle cose, sono rimasto colpito dall’acume di Papa Francesco: egli, oserei dire come non molti altri, ha colto l’unico vero vantaggio che i pagani abbiano mai avuto e/o conservino sui cristiani. I pagani hanno, fin dalla notte dei tempi, sempre associato la Natura, o meglio i fenomeni ad essa correlati, con le divinità. Si pensi ad esempio all’identificazione di Zeus (Giove per i romani) con la folgore; Febo (apollo per i romani) con il sole, e via dicendo. Essi certo rispettavano la Natura più di noi! Il quadro descritto dal S. Padre è quanto mai veritiero, ancorché drammatico.
Il progresso, non solo dell’ingegno ma anche del mondo che ci circonda, ha prodotto oltre a tante comodità anche una progressiva disumanizzazione. Essa è figlia di un consumismo sempre più sfrenato e della cosiddetta globalizzazione. Che sia espressione di complotti meglio descritti in testi davvero terrificanti, che vorrebbero i grandi gruppi bancari i veri padroni del mondo (non lo era Dio? Non l’ha Egli affidato all’uomo?), proprietari a loro volta del debito pubblico delle nazioni, oppure frutto del caos, del progresso, aggiungerei dello sfruttamento della manodopera a bassissimo costo offerta dai paesi del terzo mondo, il nostro presente pone non pochi interrogativi circa l’eredità che lasceremo alle generazioni future!
Si pensi solo alla questione israelo-palestinese: forse non tutti sanno che essa sia stata creata (è il caso di dirlo) dall’Occidente, dall’Impero coloniale britannico, che in coincidenza del primo conflitto mondiale ebbe la premura di assegnare lo stesso lembo di terra dapprima alle popolazioni arabo-musulmane, poi, contemporaneamente, agli Ebrei. Non vale la pena addentrarsi in questioni che, per quanto importanti, rischierebbero di farci deviare dal discorso, ma vale certo la pena, oltre a corrispondere ad un nostro preciso imperativo morale, assumerci come occidentali le colpe di quasi tutti i guasti del pianeta.
L’Occidente vede da sempre il Terzo mondo come terra di conquista: esso da sempre ha depredato, rubato, ucciso in queste nazioni. Quando si parla di questi argomenti noi occidentali amiamo sottolineare i benefici in termini di progresso tecnologico, umano, offerto “gratuitamente” agli altri popoli (che, si badi, non ne avevano mai fatto richiesta). Nessuno sottolinea mai, ad esempio, come abbiamo loro insegnato come sfruttare i più deboli del paese, come corrompere le autorità, come far nascere dittature, incensando e corroborando l’insana ambizione di fantocci governativi, lasciati non già come faceva Alessandro Magno a custodia e garanzia di libertà ed autentico progresso dei paesi che via via conquistava, bensì come baluardi dell’ingiustizia e della sopraffazione dei più deboli! Se si vuole combattere la povertà, la fame, le malattie che affliggono il terzo mondo, si devono creare occasioni di sviluppo in quei paesi: la logica dell’assistenzialismo non produce buoni frutti, produce solo illusioni. L’iniquità del mondo è evidente ai nostri occhi: metà del mondo comanda, l’altra metà fa da serva. Non posso fare a meno di notare come i camerieri di molte case vengano comunemente chiamati “filippini”, quasi a significare che gli abitanti delle Filippine siano messi al mondo unicamente per servire. Ciò è semplicemente una vergogna per qualunque intelletto che voglia vedere associata a sé stesso una qualsiasi forma di morale, di dignità.
Riassumendo ed avviandomi alla conclusione di queste modeste riflessioni: trovo estrema concordia tra quanto scritto dal S. Padre (non parliamo neppure dell’attualità del messaggio espresso dal Cantico delle creature!) nella sua enciclica e quanto dichiarato nel 1961 dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), laddove definiva (finalmente direi) la “Salute come uno stato di benessere fisico, psichico, sociale” ecc. e non più soltanto come la condizione di assenza di malattia. Va da sé, il mondo lo sta sperimentando a proprie spese, che tali concetti sono indivisibili.
La radice etimologica della terra e dell’uomo è la medesima, quasi a significare l’alfa e l’omega di un rapporto tanto antico quanto da riappropriarcene quanto prima possibile. Non è un caso che esista la formula, tristemente nota per la consuetudine ma che in realtà testimonia di un amore ben più profondo, non solo di un atto di fede, “pulvis es et in pulverem reverteris”!
Lungi dal voler apparire pessimista infine, vorrei terminare con un messaggio di speranza, che vada ben oltre a tanti, troppi problemi esistenti: ogni giorno ci imbattiamo in tante persone timorate di Dio, che ci fa ben sperare, ancora verrebbe da dire, che vi possa essere un destino luminoso per l’Umanità tutta. Varrebbe la pena, finalmente, che gli esseri umani meritino l’immenso dono, uno dei tanti, che Iddio onnipotente ha loro concesso, il libero arbitrio, in un tripudio di Amore e Fiducia che, appunto, può essere solo emanazione del divino!
Paolo Mazza, Medico, Uomo
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