Anno XVIII Numero 3 Ottobre 2021 – SE SOLO CI FOSSE PIU’ AMORE
SPECIALE 08 DICEMBRE
Immacolata. Madre di Dio e Madre nostra.
Buona festa dell’Immacolata a tutti voi!
Il nostro cuore deve essere in festa oggi. Abbiamo tutti una Madre in cielo che, da sempre, si prende cura di noi.
Siamo nel tempo dell’attesa, andiamo incontro al Signore Gesù che attendiamo come Colui che ci salva e porta alla nostra vita pienezza e senso. La giovane donna di Nazareth è al centro del mistero dell’incarnazione, del Natale. Oggi ringraziamo del dono al mondo che il Padre ha voluto farci in questa creatura speciale e amatissima. Maria è il ponte tra il cielo e la terra: ci aiuta ad aprirci all’accoglienza della venuta del Figlio di Dio e Figlio suo, che ci visita per assumere la nostra natura e cambiarla. È Lui, infatti, la fonte e la forza motrice di ogni nostro cambiamento. Lui ha reso nuova Maria e, attraverso di lei, vuole rendere ciascuno di noi (e tutti coloro e tutte le cose che affida alle nostre cure) creature nuove. A noi il compito di attingere nella nostra interiorità la docilità e la mitezza di cui siamo capaci per collaborare a questa azione di Dio che ci cambia. Come Maria che, con un atto di libertà, spalanca a Dio un varco dentro la storia umana, anche noi dobbiamo aprire il nostro cuore per accogliere, ma veramente, Colui che viene, perché possa compiere in noi e attraverso noi la sua opera di salvezza.
Essere salvi significa vivere una vita buona, una vita compiuta, una vita che esprime gioia autentica, una vita che è e diventa, sempre più, dono per tutti. Maria Immacolata, in fondo, è Colei che dà e porta la vita, è “datrice” di Vita.
L’Immacolata è il sorriso di Dio all’umanità, un sorriso rivolto a tutti, a te, a me, a ciascuno di noi. Lasciamoci contagiare oggi da questo sorriso, lasciamo che leggerezza e bellezza, forse i tratti più belli di Maria, ci raggiungano e ci avvolgano, lasciamo che siano il nostro biglietto da visita nei nostri incontri e in ogni relazione che viviamo.
Abbiamo bisogno del suo aiuto per riuscire. Allora guardiamo a Lei, al suo esempio, imitiamola e cantiamo la sua pienezza di grazia, di tenerezza e di amore con la nostra vita. L’Immacolata ci ricorda che possiamo essere felici solo se prendiamo le distanze dal peccato che ci abbrutisce, che l’egoismo e l’orgoglio ci rendono schiavi, che l’indifferenza e il non amore fanno di noi uomini e donne soli e perciò infelici. Lei, invece, ci vuole realizzati, liberi e gioiosi.
Oggi è festa. Festeggiamo la nostra mamma e consentiamole di fare di noi veri figli di Dio, veri fratelli e sorelle, pienamente uomini, pienamente donne, comunità fraterna e famiglia solidale. Il Natale che viene ci trovi pronti! Affidiamoci a Colei che è pura ed è arrivata alla meta. Sarà la nostra corsia veloce, una vera benedizione per tutti!
P. Piero Puglisi
SPECIALE 01 NOVEMBRE
Novembre, tempo di riflessione e preghiera
Il mese di novembre inizia con la bellissima festa di Tutti i Santi, un’opportunità per elevare lo sguardo e ricordare la meta che ci attende, il cielo. Questo nostro cammino umano è e deve essere, sempre più, un orientare la nostra esistenza verso la pienezza, la bellezza, la santità.
Novembre è anche tempo di riflessione e di intensa preghiera. Una riflessione necessaria sulla morte ma, soprattutto, sul senso vero e bello della vita. È il mese in cui il nostro cuore si inchina al ricordo dei nostri cari defunti e l’atteggiamento migliore è quello del raccoglimento. Nei prossimi giorni visiteremo i cimiteri e le nostalgie di persone che abbiamo avuto con noi e della cui compagnia non possiamo, almeno visibilmente, in questo momento godere, si faranno più struggenti. Avremo voglia di intimità, di entrare, ancora per una volta, in comunione con loro per dire che non è finita, per dire che ogni giorno che passa avvicina il nostro incontro, il nostro rivederci e riabbracciarci. In fondo, il desiderio di abbracciarsi è un desiderio mai pienamente realizzato. Per questo ci sentiamo spesso soli, consapevoli che, almeno in certe circostanze e situazioni, la solitudine attraversa tutta la nostra vita. Cerchiamo in un abbraccio il superamento della solitudine, senza riuscirci a pieno. “Ognuno è solo sul cuore della terra …” recita la bellissima ed intensa poesia di Salvatore Quasimodo. Nonostante le premure e attenzioni che riceviamo, c’è sempre qualcuno che manca. E questa solitudine che sperimentiamo è un vero allenamento di morte. L’eternità è ciò che noi cerchiamo inutilmente in tanti incontri, abbracci, relazioni, amicizie … Paradossalmente, i nostri morti, che sembrano stare in solitudine, vivono finalmente la comunione. Oggi viviamo il tempo della solitudine, del desiderio, del progetto … poi verrà quello della comunione, della realizzazione, del sogno realizzato.
Noi che siamo in questo spazio ed in questo tempo non dobbiamo però abbatterci ma dobbiamo celebrare la nostra solitudine, senza averne paura, dobbiamo anzi amarla e farla fiorire perché se la accettiamo la superiamo già ora e nella pienezza domani. Si tratta di abbassare le nostre aspettative (e perciò le nostre frustrazioni!): se qualche amicizia ci ha deluso, se alcune relazioni non sono andate bene …, pazienza, questo fa parte del gioco. Non dobbiamo chiuderci a difesa o piangerci addosso, piuttosto è bene godere delle volte in cui i nostri rapporti, in famiglia, con gli amici, sul luogo di lavoro, nelle comunità ecclesiali, sono positivi, belli, uno sprazzo di luce nella notte, un’aurora che sempre ritorna. Un monaco ha scritto: “quando riuscirai a fare a meno degli altri, gli altri non potranno più fare a meno di te”. Un’apparente gioco di parole che esprime una verità: superiamo la soglia della solitudine solo accettandola e dicendole ‘benvenuta solitudine, facciamoci compagnia tu ed io’. Chi ci riesce diventa un uomo, una donna di comunione, un polo di attrazione, una persona cercata, con la quale è piacevole stare, perché non cerca gli altri aggrappandosi, ferendo, graffiando, pretendendo … e questo fa parte della maturità umana. Dobbiamo accettare che certe nostre relazioni si infrangono, che certe persone che abbiamo amato e che ci hanno amati ci lascino, di non essere compresi ed accettati pienamente, perché in questa accettazione c’è una via per dare senso pieno, bellezza e luminosità alla nostra esistenza.
Vorrei dare a questa luce dalla quale dobbiamo lasciarci rivestire almeno tre significati.
Di questo fascio di luce che è la vita noi dobbiamo dire grazie, sempre, in ogni momento. La vita non è un dono solo al suo inizio, ma lo è in ogni momento. Noi siamo creati sempre, ad ogni istante. Ogni momento Dio ci raggiunge con quella luce che è la vita.
Il secondo significato che voglio dare al fascio di luce è l’affetto in tutte le sue forme. Di genitori, di fratelli, di coniugi, di figli, di amici … sono raggi di luce che scaldano il nostro cuore infreddolito dalla solitudine. L’affetto ci rende più umani, meno soli, più amabili.
Poi, l’altro significato, è la fede, che ci raggiunge e ci sostiene nei momenti in cui siamo e camminiamo nel buio. Non saremo mai abbastanza grati al Signore per questa luce che è il dono della fede, che ci ha sorretti e ci sostiene nei momenti più difficili, anche quando siamo gomito a gomito con la morte.
Siamo soli sulla terra ma, per la misericordia di Dio, riceviamo vita, affetto e fede, raggi di luce che ci raggiungono e ci guidano. Queste tre realtà attraversano la nostra esistenza da una parte all’altra, anche nelle situazioni in cui siamo segnati da prove, da spine, da momenti di dolore. Ci sono ferite che ci segnano inevitabilmente, ci fanno male, fino a sanguinare a volte … ma dobbiamo ringraziare anche per queste, per le ferite della vita, dell’affetto, della fede. Un giorno queste splenderanno, saranno il nostro laciapassare per la Vita nuova, come diamanti, come stelle, come splendide corone.
Il mese di novembre sia per noi occasione per riflettere e ricordare: l’arco della nostra vita è essere immersi nella luce per un attimo e poi ricadere nel buio. La vita è un tempo brevissimo, ecco perché è preziosa e va spesa al meglio. Non possiamo perdere tempo, non possiamo girovagare, la vita è un soffio, un attimo. Bisogna approfittare della luce che ci illumina, adoperarla al meglio, perché in quest’attimo possiamo dire parole belle, compiere gesti buoni, perché viviamo bene. Che cos’è la nostra vita? Un puntino in un segmento. Di questo puntino facciamone un’opera d’arte. Che la nostra vita sia bella, sia significativa, lasci un segno, sia utilizzata secondo la volontà di Dio e non vada, invece, sciupata. La sera scende improvvisa, veloce, inesorabile … Auguriamoci che quando giungerà … il Signore sia acconto a noi, resti con noi, ci prenda per mano e ci porti tra i Santi.
Piero Puglisi
Due Fondazioni;
un amore che le accomuna, quello per i più fragili;
una fusione di intenti e di speranze.
Fondazione Città Solidale accoglie Fondazione Simona e Daniela!
“La stagione dell’amore viene e va
I desideri non invecchiano quasi mai con l’età…
La stagione dell’amore viene e va
All’improvviso senza accorgerti,
la vivrai, ti sorprenderà…”
Recitano così le parole dell’omonima canzone del maestro Franco Battiato, ed è così che ci piace definire l’inizio del nostro anno sociale. Ebbene sì, è una nuova stagione dell’amore quella che ci vede coinvolti, all’improvviso, nella realizzazione di un nostro sogno. Erano anni che la nostra Città Solidale sperava di aprire le porte di un servizio essenziale per le persone con disabilità, ma ancora oggi poco presente sul territorio, non solo regionale ma addirittura nazionale: il DOPO di NOI. L’attesa, il fermento, finalmente hanno trovato sbocco in una fusione di realtà, di intenti, di persone, di vite. La Fondazione Simona e Daniela entra nella nostra Città Solidale. Una Casa di riposo per anziani, un Centro diurno, che sogniamo per minori con disabilità, e un “Dopo Di NOI” sono i nostri nuovi semi di un amore infinito verso il prossimo e il più debole. È la stagione di un nuovo amore, quello per un nuovo figlio accolto, quello per un desiderio lontano finalmente realizzato, quello per una persona fragile aiutata e una famiglia a cui dare sollievo. Per noi è sempre la stagione dell’amore, e con questa base avviamo il nuovo anno sociale, fatto di conferme, nuovi arrivi e battaglie da continuare, un anno in cui l’amore per il prossimo non può più prescindere dall’amore per il creato, in un’epoca post pandemica in cui la crisi sociale cammina di pari passo con quella ambientale. Amore che continua a manifestarsi anche in progetti ormai consolidati ma che necessitano di restare al passo con i tempi. In tale ottica è stato programmato il nuovo anno sociale della Fondazione in una “quattro giorni” intensiva in cui è emersa la necessità di redigere il Manifesto del Cambiamento. Il documento è frutto di un lavoro dell’intero staff di Città Solidale e sarà diffuso nei prossimi giorni. Raccoglie le riflessioni e i cardini di un cambiamento inevitabile e necessario, pur tenendo sempre impressa l’esperienza maturata in 22 anni di attività; il cambiamento necessario per dare risposte a nuovi bisogni emergenti, ad una società in mutamento, un punto di partenza per delineare le linee guida della programmazione annuale. Il cambiamento sempre e solo però in nome dell’amore, necessario per dare testimonianza a coloro che seguiranno le nostre orme. Oggi più che mai riecheggiano le parole di Papa Francesco al commento dell’Enciclica Laudato Si. Il pontefice richiama alla responsabilità di promuovere, con un impegno collettivo e solidale, una cultura della cura che ponga al centro la dignità umana e il bene comune. Noi questa responsabilità vogliamo continuare a prendercela, con al centro l’amore, solo in nome dell’amore!
Per partecipare al nostro prossimo atto d’amore, collegati nei prossimi giorni e insieme vivremo il primo passo di un sogno che si avvera…
La Redazione
SOCIETA’
L’amore per il creato e per gli uomini: l’attualità di San Francesco di Assisi in un’epoca di distruzione ambientale ed umana
Prof. Franco Cimino – Docente e Giornalista
Il ventinove gennaio scorso ho ricevuto da mons. Bertolone il gradito invito a relazionare, in Basilica, insieme con tre illustri uomini di cultura, sul pensiero di Papa Francesco riguardante, diciamo più comodamente sebbene impropriamente, l’ecologia.
SPIRITUALITA’
La vita comunitaria di san Francesco d’Assisi: fraternità, umiltà e povertà. Uno stile evangelico sempre attuale.
P. Danilo Salvatore Rizzo OFM Capp
San Francesco d’Assisi nacque nel 1181 ad Assisi, e morì nella stessa città nel 1226. Fu educato alla vanità, secondo l’uso di numerose famiglie del medioevo. Appartenne ad una famiglia benestante; da giovinetto, prima del venticinquesimo anno d’età, volle primeggiare sui suoi coetanei in tutto ciò che faceva.
VOLONTARIATO E TERZO SETTORE
Il ruolo del volontariato per la salvaguardia del Creato
Valentina Mazza – Presidente WWF Catanzaro
Il Pianeta, la nostra casa, è un luogo meraviglioso dove l’esistenza segue un equilibrio preciso e che, fortunatamente, ogni giorno, sempre più persone decidono di tutelare con le loro azioni. Alcune di queste persone non si limitano a indirizzare con responsabilità le loro scelte quotidiane verso uno stile di vita più sostenibile, ma decidono di attivarsi concretamente per salvaguardare la nostra stupenda casa, andando purtroppo incontro a notevoli rischi.
SANITA’
Laudato si’: un inno alla vita e alla cura.
Paolo Mazza, Medico, Uomo
L’enciclica del S. Padre, Francesco, non a caso prende in prestito il titolo, il verso, del Cantico del “primo” Francesco.
In un compendio di rara completezza per i temi trattati, egli racchiude tutto lo scibile umano e tutto quanto abbia un impatto anche “pratico” nella nostra esistenza quotidiana.
ISTRUZIONE
San Francesco, patrono dei Lupetti: quando la formazione passa da un’esperienza di fede e confronto
don Raffaele Zaffino – Assistente Ecclesiastico dell’Agesci “Zona Tre Colli”
Fin dal suo nascere lo scautismo ha fatto riferimento alla figura di un santo. Lo scautismo cattolico secondo la sua bimillenaria tradizione ecclesiale propone ai suoi membri figure di santi da imitare: santi diversi per le varie branche.
SPORT
Copabay, uno scorcio nel quale immergersi
Anthony Sestito
“Ma quanto è bello questo posto!”, abbiamo spesso sentito dire da chi, per puro caso, giungeva a Copabay. E il tono era un punto di domanda. Come se si chiedesse che cosa rendesse bello un luogo “normale”, privo di prati addomesticati, dove non ci sono siepi di pitosfori potati a forma di animale, insomma, quanto è bello questo posto?
La parola agli ospiti
IO, ultimo tra gli ultimi, accolto con amore. Io Ussash, la mia forza è nella parola
Mi chiamo Ussash e ho 29 anni, sono cresciuto a Bhairab, provincia di Kjishoreganj in Bangladesh, con i miei genitori, tre fratelli e tre sorelle. Io sono il più piccolo e quando vivevo lì studiavo e per un breve periodo ho lavorato anche come assistente-infermiere in ospedale. La mia vita era vuota, sentivo di dover fare qualcosa, qualcosa che mi potesse dare l’opportunità di un futuro migliore e per questo ho deciso di partire per Dubai. A Dubai sono rimasto 15 giorni, insieme ad altre persone, in una grande casa, partendo poi per la Tunisia e successivamente per la Libia. Qui sembrava di aver trovato quel che cercavo; grazie all’aiuto di un amico ho iniziato a lavorare in una pasticceria, dove ho avuto l’opportunità di imparare la lingua del luogo. Successivamente, ho cambiato lavoro facendone uno migliore, in cui mi sentivo più realizzato. Ma, con il passare del tempo, ho capito che non era come pensavo, il titolare non era onesto e ha iniziato a non pagarmi più, sfruttandomi.
Anche la polizia libica ed altre persone del posto hanno iniziato a farmi problemi, volevano soldi e venivano in casa a cercarmi, hanno iniziato così a perseguitarmi e maltrattarmi.
Dopo due anni, stanco e impaurito, ho trovato il coraggio di cambiare e di notte sono scappato, cercando un’altra meta, in cui trovare serenità e creare un futuro migliore.
Sono partito dalle coste libiche su una piccola barca, eravamo circa 400 persone e dopo 24 ore di navigazione, che non dimenticherò mai, siamo sbarcati a Lampedusa. Qui siamo stati accolti dai volontari della Croce Rossa che ci hanno portati in una chiesa. Questa per 6 giorni è diventata la nostra casa, abbiamo dormito e mangiato tutti insieme senza poter aver degli spazi personali. Durante la permanenza all’interno della chiesa, abbiamo effettuato il tampone molecolare e subito dopo siamo stati trasferiti sulla nave Rhapsody, per effettuare la quarantena. Dopo diversi giorni di quarantena siamo stati messi su un autobus per essere trasferiti. Il trasferimento è stato lunghissimo ed estenuante, ero molto preoccupato perché non sapevo a cosa andassi incontro. Il mio pensiero era rivolto alla mia famiglia. Dopo diverse ore di viaggio sono arrivato a Catanzaro, dove mi hanno accolto gli operatori del Centro Accoglienza “L’Approdo” di Girifalco che, con l’ausilio di un piccolo pulmino, insieme ad altri ragazzi, ci hanno accompagnato nel centro dove abito ora.
Qui ho iniziato un’altra vita, mi sono trovato bene e nonostante la diffidenza iniziale a causa delle mie brutte esperienze passate, ho iniziato a fidarmi degli operatori e della gente del luogo. Mi sono impegnato tantissimo soprattutto nell’imparare l’italiano, oltre alla scuola che ho frequentato ed al corso interno di italiano, mi sono aiutato molto con i testi delle canzoni di molti cantanti italiani che mi piacciono. Durante il giorno, infatti, ascolto e trascrivo i testi di Ultimo, San Giovanni, Daddy, Aka7seven, Mr Rain ecc. Mi piace anche leggere i romanzi italiani e guardare tantissimi film.
A Girifalco mi sono integrato bene, conoscendo gente e uscendo con i miei amici. Partecipo molto volentieri ai progetti che il Centro, il comune di Girifalco e le varie associazioni ci offrono. In questo periodo sono impegnato, insieme ad altri beneficiari, in un’attività di restauro di alcune panchine presenti in vari parchi comunali. Questa attività mi piace tanto perché, oltre a sentirmi utile per la Comunità che mi ospita, riesco a tirar fuori le doti artistiche che ho trascurato per molto tempo.
Ho avuto la possibilità di fare anche un’esperienza che mai immaginavo di poter vivere in vita mia, ovvero ho partecipato ad un corto cinematografico; è stato bellissimo perché ho visto in me stesso doti che non avevo mai visto prima ed ho provato emozioni fortissime, sentendomi importante. Io che arrivavo dal Bangladesh, passando dalla Libia scappavo da persone che volevano farmi del male, mi sono ritrovato a fare” l’attore” ed a vivere una serenità che, purtroppo, mi era stata tolta.
Oggi sono in cerca di un lavoro stabile, per aiutare la mia famiglia. Ho riscoperto il valore e il bello della vita, ho capito che niente mi è dovuto ma che tutto è dono, solo ora posso vedere la mia vita passata come una opportunità che mi ha permesso di cambiare.
Le migrazioni, viste sotto questa luce, possono essere un grande fattore di cambiamento e di riflessione in merito alle identità, quelle degli altri e le nostre. Del resto, noi esseri umani abbiamo in comune molte cose significative, rispetto alle quali dove siamo situati e da dove arriviamo non hanno importanza. Viviamo tutti sotto una sola atmosfera e siamo parte di un’unica grande comunità umana. Grazie a chi mi ha accolto ed ha avuto fiducia in me nonostante la mia diffidenza e chiusura iniziale. Posso affermare che mi sento accolto con amore, rispetto e attenzione!!!!
In cucina con gli ospiti
Sobji Vaji: un piatto tipico del Bangladesh
Ogni paese ha la sua tradizione alimentare. Anche il Bangladesh, pertanto, ha molte tradizioni culinarie. Riferendoci alle abitudini alimentari possiamo affermare che il Bangladesh è influenzato dalle variazioni regionali e dalla sua storia. Essendo, in passato, un avamposto dell’Impero Mughal, il Bangladesh conserva tutt’oggi la sua eredità culturale. Questa terra è famosa per la produzione di riso che è stata la principale occupazione fin dai tempi più remoti. Il riso quindi come alimento principale per i bengalesi. Noi mangiamo riso ogni giorno e ad ogni pasto contornato da un ottimo curry piccante e molte verdure. Nella capitale Dacca, ci sono alcuni cibi molto speciali ed economici, ma molto ricchi di gusto e conosciuti solo dai buongustai della città come il piatto che vogliamo presentarvi.
Di seguito gli ingredienti per preparare un gustoso Sobji Vaji:
1 peperoncino rosso lungo fresco, privato dei semi se si preferisce;
2 spicchi d’aglio;
1 cipolla;
1 – 2 cm di zenzero fresco,
2 pomodori;
½ cavolfiore;
2 patate;
1 cetriolo;
¼ zucca;
1 melanzana;
3- 4 peperoni verdi;
½ cucchiai di peperoncino in polvere, pepe nero, curcuma, polvere di zenzero
2 cannella;
5-6 chiodi di garofano interi;
1 tazza di olio di arachidi
1 cucchiaio di sale, a piacere.
Difficoltà facile
Tempo di preparazione 10 min
Tempo totale 25 min
Porzioni 4.
Procedimento:
• Tagliare le verdure;
• Far riscaldare l’olio di arachidi in padella, aggiungere aglio, cipolla e zenzero e far rosolare per circa 3-4 minuti;
• Aggiungere le varie spezie, la cannella e i chiodi di garofano interi e continuare a far friggere per circa 3-4 minuti, dopo aggiungere una tazza di acqua;
• Aggiungere gradualmente le verdure e friggere tutte le verdure insieme per circa 15-20 minuti.
Bismillah! Buon appetito!
Pensieri al tempo del covid
L’esperienza del Covid, ancora non totalmente conclusa, ha naturalmente interessato anche Fondazione Città Solidale, sia in quanto Organizzazione (che ha dovuto fronteggiare l’emergenza nell’emergenza), sia in quanto persone, ciascuna con il suo ruolo, le sue responsabilità, la sua sensibilità. Molti in questo periodo hanno scritto, per fare memoria, per ritrovare un ordine ed un senso, per appuntare e trasmettere emozioni e riflessioni utili a sé stessi ed agli altri. Lo hanno fatto anche i componenti di Città Solidale: operatori, ospiti, il Presidente… E’ stato racchiuso tutto in questa raccolta che potete ricevere subito chiamando il n. 3519661212.
*Il contributo sarà devoluto ad iniziative legate al covid 19