Anno XVIII Numero 2 Luglio 2021 – SUMMER TIME: RELAX E RIPARTENZA
Ripartenza e rilancio: appunti intorno ad una sfida senza precedenti.
Sono subissato di messaggi di amici ristoratori che mi annunciano (finalmente!) riaperture e ripartenze. È l’effetto lungo degli anni passati alla guida di Slow Food Calabria, che mi ha lasciato relazioni importanti in uno dei settori della società che più duramente ha avvertito gli effetti della pandemia. Le loro speranze, la fiducia con cui guardano al futuro i vignaioli del Cirò, i produttori di birre artigianali, i gestori dei bar, sono al tempo stesso una spinta a coltivare l’ottimismo e una ventata di timore e di preoccupazione. E se non fosse tutto come prima? E se non si tornasse più a quella normalità che governava i nostri rapporti, le nostre abitudini, le nostre piccole e grandi economie? Se la variante Delta, o qualche altra variante, ci costringesse di nuovo a rallentare, a proteggere, a chiudere, saremmo allora in grado di sopportare ancora restrizioni e sofferenze?
Domande evidentemente inopportune, perché la verità è che non vediamo l’ora di intraprendere una gigantesca e collettiva opera di rimozione. Non aspettiamo altro, per l’appunto, di tornare alla normalità e di archiviare questo ultimo anno e mezzo sotto la voce “eventi catastrofici ed irripetibili”, possibilmente dimenticandone rapidamente tutti gli effetti collaterali. Ma non sarà facile. E non sarebbe né giusto né utile.
Se guardo, ad esempio, al mio lavoro di docente universitario non posso non fare i conti con le trasformazioni indotte dalla pandemia. Da tre semestri tutte le attività didattiche (esami, lezioni, tesi, ricevimento studenti, consigli di dipartimento) avvengono da remoto, e i webinar hanno soppiantato integralmente l’attività convegnistica ma anche le riunioni di redazione delle riviste, i seminari tematici. Da un lato, la facilità di riunirsi restando a casa, il risparmio economico per i docenti e per le università, i vantaggi logistici per gli studenti fuori sede lasciano pensare che sarà utile mantenere modalità miste di insegnamento e di confronto accademico; dall’altro lato, l’impoverimento delle relazioni, la distruzione di quell’ambiente accademico che fa dell’università un posto speciale in cui l’apprendimento passa anche ma non solo dalle aule spinge a intravedere il rischio di disperdere un patrimonio culturale e secolare di trasmissione del pensiero critico sostituendolo con un video arido ed impersonale. In ogni versante delle nostre vite il momento della ripartenza appare ricco di opportunità e di rischi. Sarà banale ma mai come questa volta dipenderà da noi. La sfida più grande, credo, sarà quella che ha impegnato e impegnerà le famiglie. Qui più che altrove la pandemia ci ha chiamato a fare i conti con quella frase un po’ retorica – niente sarà come prima – che però, e per l’appunto, racchiude tutte le opportunità e tutti i rischi che si ci parano dinnanzi. Ed allora occorre essere consapevoli che non ci sarà ripartenza e non ci sarà rilancio se non saremo in grado di proiettarci nel futuro recuperando quel senso di responsabilità (di solidarietà, di doveri sociali e collettivi) che il nostro mondo pre-pandemia stava logorando irrimediabilmente. L’idea nefasta di una libertà assoluta, di una libertà ridotta ad una questione di orari o di abbigliamento può essere contrastata a partire da quel gesto a cui ci siamo abituati, indossare una mascherina, se riusciamo ad intenderlo non come il mero rispetto di una regola ma come la condivisione delle proprie sorti con quelle degli altri, come un moto pur minimo di cura verso il benessere di uno sconosciuto, come un limite alla nostra libertà per proteggere la libertà degli altri. La più impegnativa delle sfide che ci aspetta non può che essere quella educativa, la ripartenza sarà certo una questione economica ma avrà un senso solo se sapremo trovare le parole per spiegare ai nostri figli come conquistare e come difendere la libertà, come riempirla di vita, prima che un tablet o un virus la riducano ai minimi termini.
Prof. Nicola Fiorita – Docente Università della Calabria
SOCIETA’
Le risorse del PNNR: la Calabria saprà farne tesoro?
Franco Carello – Sociologo e Giornalista
“L’Italia ha superato tutti gli esami”. Con queste asciutte ma essenziali parole, l’Europa consegna a Draghi il giudizio sul compito scritto presentato. La prova scritta è il PNRR, un acronimo ormai divenuto noto a tutti e che significa Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
SPIRITUALITA’
Per la Chiesa è già tempo di ripartenza?
Redazione
Luglio per i catanzaresi è il mese del Santo Patrono, San Vitaliano. Il suo culto risale alla fine del XII secolo. Catanzaro, la città delle tre “V” (vento, velluti, Vitaliano) venera Vitaliano come suo patrono principale al 16 luglio e ne celebra la festa del patrocinio la domenica in albis.
VOLONTARIATO E TERZO SETTORE
Le fondazioni benefiche strumento per il rilancio del volontariato. L’esperienza della Fondazione Vialli-Mauro
Massimo Mauro
Massimo Mauro, lei insieme a Gianluca Vialli e Cristina Grande Stevens avete creato la Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport. Un cammino quasi ventennale fatto di eventi sportivi, musicali, ecc. per la raccolta fondi da devolvere alla ricerca sulla SLA ed il cancro. Perché la “formula” celebrities, imprenditori, sport e ricerca sulla salute è vincente per fare fundraising?
SANITA’
Come rilanciare la medicina territoriale tra opportunità e difficoltà dopo la pandemia, l’opinione di chi opera nel territorio
D.ssa Angela Paola Gullo – Pediatra di Famiglia
Qualche tempo addietro, leggendo una rivista pediatrica, il titolo di un articolo ha colpito la mia immaginazione: “Non di solo covid uccide il covid…”
Da qui sono scaturite una serie di riflessioni sulla mia professione di pediatra di famiglia in un territorio già duramente provato da anni di commissariamento sanitario.
ISTRUZIONE
La scuola nel periodo post covid: ripensare ad un nuovo modello educativo?
Maria Carmen Aloi – Dirigente Scolastico IC Corrado Alvaro Chiaravalle Centrale
Le opportunità della didattica a distanza ed il Piano Estate per una speranza di normalità
D.ssa Grazia Parentela – Dirigente Scolastico
SPORT
Quando il secondo tempo è come una seconda partita
Massimo Costa – Coordinatore SGS Calabria
Ripartire dopo una sospensione forzata, che ha implicato paure e incertezze, che ha lasciato, anche, per alcuni versi, delle ferite, che ha scosso e ha posto tanti interrogativi, non è semplice. Ma, al contempo, è entusiasmante: è adesso, nel momento clou della ripartenza, che esce fuori la vera passione per il calcio!
La determinazione di migliorare, la voglia di divertimento tirando un pallone, che da sempre unisce, che da sempre è inteso come veicolo di socializzazione e integrazione, hanno il sopravvento e richiamano alla positività.
La parola agli ospiti
L’accoglienza nel tempo della ripresa post covid-19
Sono arrivato in Italia nell’agosto del 2020 dopo un lungo viaggio che mi ha visto attraversare diversi paesi, Somalia, Yemen, Sudan, Libia e con un bagaglio chiamato speranza e voglia di migliorare che mi sono portato sempre con me. È difficile descrivere le emozioni che provo in questo momento nel ricordare i tanti momenti di questo percorso, dove ho patito sofferenze, fame, sete e soprusi ma sempre con la voglia di andare avanti. Con me tanti compagni di viaggio, alcuni di loro non ci sono più, che come me avevano nella loro mente un mondo diverso e migliore rispetto a quello che avevamo lasciato. La mia vita in Somalia non è stata affatto semplice, le continue guerre di potere hanno di fatto distrutto il mio Paese che amavo e continuo ad amare e di cui ho ancora vivo il ricordo. Lasciare la mia famiglia è stata una scelta radicale e che ha stravolto tutto quello che era nella mia mente. I mesi in Libia sono stati durissimi, li nessuno mi riconosceva come persona, come uomo; con me migliaia di persone che avevano perso il senso stesso della loro esistenza. Ricordo ancora bene il rumore delle onde del mare che ci hanno accompagnato durante la traversata per arrivare in Italia, un paese di cui avevo sentito tante storie e di cui avevo una gran voglia di conoscere. Arrivato in Sicilia, però, ho avuto la prima brutta esperienza, quella di aver dovuto trascorrere altri venti giorni su una nave grandissima per motivi di quarantena. Avevo sentito parlare del coronavirus ma non avevo mai capito quanto potesse essere pericoloso, quegli uomini in tuta bianca e in mascherina mi hanno fatto molta paura. Dopo questo interminabile periodo sulla nave quarantena, sono arrivato a Satriano accolto dagli operatori e da altri ospiti, la prima sensazione provata è stata sicuramente di sollievo per aver trovato un tetto sulla testa ed un pasto caldo. Dopo alcuni giorni, dopo aver fatto vari colloqui con gli operatori ho capito che il luogo dove ero stato accolto era quello giusto per ripartire. Fin da Subito mi sono impegnato molto nel conoscere la lingua italiana e nel comprenderla, tutti gli operatori mi hanno detto che il primo passo per poter andare avanti è conoscere la lingua. Dopo alcuni mesi ho notato con piacere che riuscivo a capire cosa mi veniva detto e anche a comunicare bene o male quali erano le mie richieste ed i miei desideri. Alla fine di giugno ho conseguito il primo attestato di lingua italiana presso il CPIA di Soverato, un’emozione unica e indescrivibile che non avevo provato nemmeno in Somalia, dove non avevo mai potuto frequentare la scuola. Dopo questa immensa gioia sono stato affiancato ancora di più dagli operatori che mi hanno apprezzato per i miei modi di fare e di essere e che mi hanno trovato un piccolo lavoretto stagionale a Soverato. Oggi sono felice sto conoscendo tante persone dove vado a lavorare, mi sembra tutto nuovo e tutto bello, sento di potermi rimettere in gioco. In Italia sono stati mesi veramente difficili per tutti, il Covid ci ha fatto vivere nella paura ma ora è il momento di ripartire. Ho voglia di andare avanti e di lavorare per costruire il mio futuro e per aiutare la mia famiglia.
In cucina con gli ospiti
Sambusi, una storia di amore, memoria e tradizione
Ritrovarsi in cucina è un universo di tradizioni, di rituali e di sapori. Apparentemente povera nei suoi ingredienti, le ricette rivelano altresì cerimoniali elaborati e un legame profondo con la semplicità dei piccoli gesti e dello stare insieme, diventa quasi un gioco di squadra. Non si tratta solamente di una questione di alimentarsi o di creatività (seppure molti piatti siano estremamente fantasiosi), bensì di un sincero momento di condivisione, tanto a tavola quanto in cucina. I nostri 5 sensi, si raccontano così: il tatto conferma il valore della cucina della condivisione, sono, appunto, le mani il vero utensile di chi fa e di chi la assapora. La mano soppesa gli ingredienti, li mescola fino ad ottenere il risultato, che molto spesso, verrà a sua volta attinto proprio con le mani, in una dimensione comunitaria e conviviale. La vista, l’olfatto ed il gusto accompagnano questo ritmo scandito dall’armonia dell’arte culinaria. Adesso siamo in Somalia, in un piccolo villaggio nei pressi di Mogadiscio, dove le cucine sono create con un focolare ed al centro una grande pentola sospesa. Lì ci sono delle donne che, ogni giorno, preparano le pietanze per sfamare la propria famiglia. Gli ingredienti utilizzati, sono spesso a base di riso, verdure e tanto tanto pollo. Tra queste donne vi è la mamma di Nour, un ragazzo di 20 anni venuto da lì, in Italia da soli 9 mesi. In alcuni momenti speciali dell’anno, nel centro di accoglienza, assieme ai suoi compagni di avventura, riproduce nella cucina della struttura, le stesse ricette che vedeva realizzare alla madre. Queste le sue parole: “Mi dà tanta emozione poter cucinare i piatti del mio paese perché sono qui in Italia da quasi un anno e mi manca tanto il mio paese, le mie origini, mangiare, stare in compagnia con i miei cari, ma io qui sono da solo. Cucinare mi riporta alla mia terra, quando da bambino facevamo in casa da mangiare con mia nonna che mi insegnava a tagliare le cipolle, sfilettare il pesce, o prima ancora cercare la legna o scegliere al mercato le verdure da comprare…” Ha un sorriso timido e lo sguardo accesso, negli occhi progetti e preoccupazioni per il futuro. Ha una sua ricetta del cuore perché appartiene alla tradizione di famiglia, da piccolo cucinava con sua nonna. Aromatizzato e reso piccante da spezie dal berberè, una miscela a base di peperoncino, aglio, zenzero, pepe nero… si chiama Sambusi.
Ingredienti preferiti carne di agnello o pollo, in questa ricetta mette non solo peperoncini, pomodori, farina ma anche ricordi e allegria. Fatti di una sfoglia di pasta sottile, ripieni di carne tritata e molto molto speziati. Esprimono, con il loro stile elegante un vero e proprio capolavoro manuale. La preparazione dei Sambusi viene da parecchio lontano, nasce in India ma poi si diffonde in tutta l’Asia, qualche secolo dopo si muove attraverso l’Oceano Indiano fino a raggiungere l’Africa Orientale ed il Mediterraneo. Sono i commercianti indiani e pakistani i responsabili dell’espansione di questo piatto, facendolo diventare il cibo tipico di tutta la Somalia. Nour ci racconta che, il Sambusi è una preparazione speciale, che caratterizza i momenti di festa più importanti quali il Ramadan o il matrimonio. Infatti, durante la celebrazione della fine del mese del Ramadan siamo venuti a conoscenza di queste prelibatezze piccanti. Sempre attraverso le sue parole ascoltiamo: “Prepariamo tante altre ricette, perché ognuno di noi viene da un paese diverso: il nostro progetto d’accoglienza è come una specie di slowfood multietnico! I Sambusi, dunque, come d’altronde qualsiasi altro piatto speciale, esprimono in modo particolare, la bellezza infinita dello scambio tra le più diverse culture del mondo.
Ingredienti: 70 g di farina, sale q.b., olio evo, 80 g di farina, acqua q.b., 500 g macinato di manzo, 1 spicchio d’aglio, 1 porro, 2 cucchiaini di cumino, 2 cucchiaini di cardamomo, 1 cipolla, pepe o peperoncino, olio per friggere
Procedimento:
Per realizzare la pasta in una ciotola capiente unite la farina, il sale e l’olio evo, aggiungendo l’acqua un po’ alla volta. Mischiate bene il tutto prima con l’ausilio di una forchetta e poi con le mani, fino a quando avrete la consistenza di un panetto. Coprite la pasta con un panno e fatela riposare per circa 20 minuti. Stendetela con le mani realizzando dei dischi circolari sui quali cospargete dell’olio evo e della farina. Ponete i dischi di pasta uno sopra l’altro. A questo punto, aiutandovi con un mattarello stendete nuovamente il tutto. Con l’ausilio di un coltello dividete la pasta in quattro sezioni. Scaldate su una padella ogni sezione, prima da un lato e poi dall’altro. Otterrete dei triangoli sottili da “sfogliare” l’uno dall’altro. Per il ripieno dei Sambusa cominciate a soffriggere in una padella l’olio con la cipolla sminuzzata, l’aglio e il porro tagliato sottile. Aggiungete il macinato di carne e mescolate bene il tutto. A questo punto unite le spezie e cuocete fino a che la carne avrà raggiunto un colore dorato e sarà cotta. Prendete i fogli di pasta e riempiteli, sigillando bene i bordi con l’acqua, per evitare che durante la frittura fuoriesca il ripieno. Scaldate in una padella dell’olio di semi e, una volta bollente, immergete i fagottini. Quando diventano dorati scolateli su della carta da cucina. I vostri Sambusa sono pronti!
Pensieri al tempo del covid
L’esperienza del Covid, ancora non totalmente conclusa, ha naturalmente interessato anche Fondazione Città Solidale, sia in quanto Organizzazione (che ha dovuto fronteggiare l’emergenza nell’emergenza), sia in quanto persone, ciascuna con il suo ruolo, le sue responsabilità, la sua sensibilità. Molti in questo periodo hanno scritto, per fare memoria, per ritrovare un ordine ed un senso, per appuntare e trasmettere emozioni e riflessioni utili a sé stessi ed agli altri. Lo hanno fatto anche i componenti di Città Solidale: operatori, ospiti, il Presidente… E’ stato racchiuso tutto in questa raccolta che potete ricevere subito chiamando il n. 3519661212.
*Il contributo sarà devoluto ad iniziative legate al covid 19