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Rispetto a questo tema che mi è stato affidato la rete sono proprio questi momenti in cui gettiamo insieme le coordinate di quello che va fatto, di quello che va implementato e va attuato. La rete oggi, con un inglesismo, viene definita come un approccio multi stakeholder, ma in fondo non è altro che mettere insieme le varie risorse rispetto alle sfide che si ha di fronte a sé. La sfida che abbiamo di fronte è imponente, è immane, ma possiamo insieme raccoglierla questa sfida che si declina in tanti modi. Noi viviamo una stagione in cui il tema dell’immigrazione è associato all’ostracismo che caratterizza questo approccio politico quando si vogliono affrontare le questioni che riguardano immigrati che molti pensano siano figli del vento, invece parliamo anzitutto di persone con le loro speranze, le loro aspettative, con i loro sogni ma anche con le loro debolezze e questo non lo possiamo prendere di vista. Non parliamo né di angeli né di demoni, parliamo semplicemente di persone. Allora noi abbiamo un bel po’ di strada da percorrere.

Noi abbiamo delle sfide che dobbiamo affrontare e che dobbiamo affrontare insieme, tra le tante sfide naturalmente la maggiore, la più potente è la sfida che riguarda l’integrazione. Noi siamo in un paese, io parlo da migrante prima ancora che da sindacalista, siamo in un paese in cui il tema dell’integrazione stenta a decollare per non dire che in Italia l’integrazione è pari a zero. Noi non ci siamo mai dati le coordinate. Ecco come rete, anche nell’approccio circolare, in questa approccio sussidiario, circolare non ci siamo dati le coordinate del tipo di integrazione che vorremmo promuovere in questo paese. Momenti di accoglienza a braccio straordinari ma lo step successivo molto spesso è quello che manca. Penso che in fondo è quello che vuoi cercate. Ma appunto la rete è molto più grande, la rete si declina in un approccio sussidiario, orizzontale, ma anche in un approccio sussidiario verticale. E’ nella verticalità, al suo livello più alto che manca qualcosa. Qualcuno potrebbe dirmi che abbiamo avuto persino in questo paese due ministri dell’integrazione, come nome, come declinazione, come approccio, ma in fondo non possiamo avere un ministro dell’integrazione perché a norma dell’articolo 117 della Costituzione – titolo Quinto, il tema dell’integrazione è devoluto alle regioni.

Sono le regioni che devono occuparsi, farsi carico perché è una materia non annoverata tra le competenze esclusive né concorrenti tra stati e regioni. Allora se questo è il tema, naturalmente alle regioni vanno riconosciute le possibilità di agire ma non sempre le regioni hanno ciò, basti pensare alle scuole, nonostante le convenzioni esistenti. Noi abbiamo delle grandi sfide e fare rete ci può aiutare. Noi siamo in questa fase in cui si discute tanto di PNRR, con la pandemia siamo appassionati di inglesismi in questo paese. Il PNRR che riconosce anche, come dire, un intervento, una qualche forma di intervento anche a favore dei migranti in chiave utilitaristica ma per dare un po’ di dignità a una parte delicata del paese si poteva fare molto di più si poteva mettere qualche risorsa per correggere I software delle questure ma nessuno ci ha pensato. Noi come FLAI CGIL abbiamo chiesto un intervento sugli accampamenti di chi lavora in ambito rurale perché non possiamo perdere di vista che uno degli indici di sfruttamento, sono le condizioni di vita indecorose. E allora abbiamo questa misura di 200 milioni per il superamento degli insediamenti informali. Ecco vedete la prima manifestazione plastica di ostracismo. L’impianto normativo dal quale si deve partire per intervenire dice che andrebbe nominato un commissario straordinario, indicato dal Ministro del Lavoro.

Ma in questo paese, all’ultimo Consiglio dei Ministri, la proposta è stata fatta dal Ministro Piantedosi. Se il ministro Piantedosi indica il commissario per il superamento degli insediamenti c’è qualcosa che non quadra, c’è qualcosa che non va dentro l’azione della legge. Un provvedimento illegittimo ma non certamente abbiamo l’interesse a impugnarlo, ma è illegittimo, acquisiamolo per buono per non vedere la perfidia, sicuramente possiamo vedere una disinvoltura istituzionale che caratterizza ogni approccio che riguarda i migranti. La somma delle disinvolture si è manifestata durante la pandemia, quando, ricorderemo tutti, quel provvedimento di Nicolazzo venne adottato da tanti, quando il governo, facendo delle alchimie assurde che hanno intaccato anche la cultura giuridica di questo paese, in cui il ministro del lavoro avrebbe dovuto assumere un provvedimento prima dell’entrata in vigore di quella norma e lo ha assunto 35 giorni dopo. Noi abbiamo questo nomina che è palesemente illegittima che però prendiamo per buona. Però qui c’è un pericolo. Il Ministro Salvini dice di voler raddoppiare i CPR, i lager delocalizziamo i CPR in Albania. 200.000 milioni per questa azione con l’invarianza finanziaria e non sarà toccato nessuna unità professionale di base. Quindi vanno trovati, guarda caso, 200.000 milioni cioè lo stesso importo che doveva andare per gli insediamenti informali.

Seconda cosa Ecco qui chiedo appunto che la rete si impossessi di questa cosa. Molti comuni che ospitano questi insediamenti rurali informali cominciano a rigettare l’idea che si possono fare interventi strutturali sui propri territori perché abbiamo detto il tema dell’immigrazione è spesso caratterizzato, condito dall’ostracismo. Cutro da questo punto di vista è la rappresentazione plastica più odiosa e orribile di quel che può avvenire, delle nostre diffidenze. Molti comuni cominciano a respingere l’idea che si possono fare degli interventi sul proprio territorio ed è qui che avremmo bisogno di rete perché non è possibile che si pensi che si possono lasciare delle persone per strada che contribuiscono alla tenuta del sistema produttivo dell’economia primaria e agricola di questo paese. Da questo punto di vista abbiamo bisogno di fare rete, di fare massa critica, di fare una linea. Altra questione, in cui dobbiamo essere impegnati, è questa prospettiva della rivisitazione della Bossi Fini, che è terribile, iniqua, dannosa, odiosa. Se a Palazzo Chigi si mettono in testa di rimodellare la Bossi Fini, naturalmente tutti capiamo che stiamo andando, che si sta determinando la condizione di un giro autenticamente dantesco sull’immigrazione. Immaginate che tipo di riforma possa fare la Meloni, il suo governo, Salvini sulla Bossi Fini. Ecco anche qui dovremmo far sentire forte la voce di questo corpo diffuso della sussidiarietà.

Che cosa all’orizzonte ci diamo come coordinate? Il tema dell’inclusione, dell’immigrazione ci riguarda tutti. La sussidiarietà di cui parlavo vuole che quando si elaborò la legge 286, la cosiddetta Turco Napoletano, al di là di riferimenti classici con consulti che diamo alle norme, hanno anche delle paternità le norme, quando si pensò al percorso di elaborazione della Turco Napolitano, si immaginò un momento, un nuovo consenso in cui i migranti potessero interagire rispetto alle politiche che vengono attuate nei loro confronti, nel loro interesse. Quindi fu immaginata la Consulta Nazionale del Migrante, Presidente di questa Consulta è il Presidente del Consiglio. In questo paese abbiamo delle capacità elaborative meravigliose, ma dal punto di vista dell’applicazione claudichiamo molto spesso. Sapete a quando risale la costituzione della Consulta dei Migranti in questo paese? Al 2007, siamo nel 2024 nessuno si è mai più ricordato che esiste quello strumento, in cui gli stessi interessati potessero dire la loro. Allora se abbiamo questo tema dell’immigrazione, dobbiamo partire in questo modo, dalle esperienze così ricche anche di promesse che declina il Terzo Settore, corpo diffuso della sussidiarietà sociale anche con grande acume. Il tema dell’immigrazione è talmente debole in questo paese, che se uno va a vedere le carte blu che rilascia l’Italia non ce ne sono. Cioè la trazione dei cervelli dall’estero in Italia non esiste. Sono dati deprimenti che ci riportano anche ad a un certo approccio che abbiamo rispetto alla migrazione.

Molto spesso, con sbarchi di arrivi, ma l’immigrazione non sono solo gli sbarchi, gli sbarchi sono una parte che riguarda tanti paesi anche la Francia ha la sua Lampedusa, molto spesso sentiamo dire che arrivano però non vogliono stare da noi. E’ un giudizio terribile, perché uno che parte dallo Zimbawe, dall’Angola deve arrivare in Italia e dire io non posso stare, preferisco andare in Portogallo? Il livello di integrazione è molto debole in Italia.

Si preferisce scommettere e puntare altrove con tutti i rischi che determinano queste seconde migrazioni e traiettorie. Noi abbiamo questa responsabilità in quanto cittadini italiani, in quanto persone come il corpo diffuso della sussidiarietà, abbiamo la necessità di promuovere questi percorsi un po’ più proficui per far sì che ognuno che arriva in questo paese davvero possa sentirsi accettato.

Jean Renè Bilongo FLAI CGIL nazionale. Responsabile del Dipartimento Politiche Migratorie e Presidente dell’Osservatorio Placido Rizzotto.

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