Io sono un giornalista freelance, ho fondato un giornale on-line che si chiama Crotone news nel 2015. Ho lavorato per tantissime testate, ho cominciato a occuparmi di sbarchi sulle coste calabresi alla fine del 1998, quando lavoravo per il Quotidiano della Calabria e ho cominciato a occuparmi dei profughi kosovari che arrivavano dall’Albania. Ma poi da lì tutta una serie di popolazioni che arrivavano sulle coste calabresi, dai Curdi al Sudan, ai nigeriani tutta la parte del Nord Africa, del Centro Africa che arrivavano in Italia. E io mi sono sempre posto con la mia idea di fronte a questi fenomeni, raccontando però quello che dovrebbe fare sempre un giornalista la verità dei fatti e raccontando le cose quanto più possibile aderenti alla verità di quello che è accaduto. Ecco già questo sarebbe una prospettiva alternativa alla narrazione dei migranti perché se si fa informazione e non si fa propaganda, si raccontano i fatti realmente accaduti. Invece in Italia assistiamo spesso, ed è per questo che io purtroppo non posso difendere la mia categoria, a propaganda piuttosto che a informazioni e quindi a notizie vere. Io sono stato uno dei primissimi giornalisti ad arrivare sulla spiaggia di Steccato di Cutro, il 26 febbraio dell’anno scorso, sono stato il primo a fare una diretta da quella spiaggia e ho passato ore a vedere recuperare i cadaveri, a vedere cadaveri sulla spiaggia e io di sbarchi ne ho visti centinaia. Ho visto anche lo sbarco di una ragazza curda morta di stenti in una stiva di un moto peschereccio, una ragazza di 27 anni che si chiamava M. e che era incinta e che è morta di stenti nella putrida stiva di una mercantile che era stato serrato con dei cavi d’acciaio.
Ho assistito anche a questo, ma la maggior parte degli sbarchi erano comunque di persone che inseguivano la vita non c’è nessuna persona al mondo che può essere fermata se insegue una vita migliore. Si possono costruire tutti i muri, si possono mettere filo spinato ovunque, ma se una persona insegue una vita migliore non la fermerà mai niente e nessuno. Allora anche su Cutro la narrazione non è stata lineare perché da lì bisogna partire perché Cutro è un punto di non ritorno. Su Cutro la narrazione, a distanza di un anno e mezzo, è già cambiata e continuano a farla cambiare; raccontano cose che non sono vere o che sono state completamente stravolte. La macchina dei soccorsi, a Crotone siamo abituati alla macchina dei soccorsi negli sbarchi e sappiamo perfettamente chi arriva, come arrivano e che cosa fanno, la macchina dei soccorsi a Cutro è arrivata dopo la tragedia non è arrivata prima per salvarli. C’è un’inchiesta della Procura della Repubblica di Crotone su questo che spero faccia luce una volta per sempre su quello che è accaduto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio e la narrazione dell’emigrazione deve tenere conto di questo perché io sono uno di quei giornalisti che non si accontenta di una verità ma voglio la verità. Una verità la raccontassero gli altri perché noi su quella spiaggia, da quella spiaggia, perché siamo esseri umani prima che giornalisti, non ce ne siamo mai andati così come non ce ne siamo mai andati dal Pala Milone dove c’erano le bare dei migranti, dove ho visto Monsignor Savino aspettare la fine della preghiera musulmana e abbracciare l’Imam di Crotone. Non ho visto tanti politici darsi da fare.
Noi parliamo di esseri umani, quando noi parliamo di bambini, di donne e di uomini la politica parla di numeri per disumanizzare l’evento perché tu non devi vedere persone come te che stanno arrivando, che stanno per morire, che devono essere salvate. Tu devi vedere numeri che possono ledere la tua libertà di cittadino italiano perché sulla paura sono state costruite le fortune politiche di moltissimi e la paura è il più grande macigno che ci possiamo portare dentro, perché la paura è spesso incultura, mancanza di conoscenza. Noi abbiamo paura delle cose che non conosciamo. Quando io ero ragazzo, nel quartier in cui sono cresciuto a Crotone, mi dicevano che dovevo avere paura dei marocchini, degli albanesi, dei rumeni. Affianco a me c’erano due ‘ndranghetisti conclamati e nessuno mi ha mai detto che dovevo avere paura di loro. Perché è la narrazione che ti cambia la visione della cosa.
Allora su quella spiaggia di Cutro, noi ci siamo rimasti e ci saremo ancora fino a quando non avremo capito che cosa è successo. Io non sono avvezzo a prendermi meriti però, grazie a Crotone news, grazie a due trasmissioni Rai che sono il Cavallo e la torre e Report che negli ultimi periodi sono gli unici due che stanno tenendo alta l’attenzione su Cutro, abbiamo anche tirato fuori un documento importantissimo del giugno 2022. Non c’era questo governo però io faccio politica, non faccio politica partitica, faccio politica degli ultimi. Quando ero piccolo facevo il tifo per gli indiani anche se sapevo come andava la storia perché la mia indole è questa. Quindi sono andato sempre dalla parte degli ultimi. Da questo documento emerge un’ingerenza politica nel trattare i soccorsi in mare. Il direttore del dipartimento era l’attuale Ministro dell’Interno e quella mail dice che cambiano gli ingaggi, non può più uscire la capitaneria di porto da sola se non è un evento S.A.R. perché deve uscire la Guardia di Finanza perché sono tutti eventi Law & forcement, di polizia giudiziaria.
Quindi cosa cambia? Cambia tutto, perché prima usciva la guardia costiera anche a 100 miglia ad andarli a prendere, rischiando la propria vita, adesso no, adesso se non c’è una dichiarazione di evento S.A.R. deve uscire prima la Guardia di Finanza. Abbiamo invertito, prima li andavamo a salvare, li portavamo in porto e poi si attivava la polizia giudiziaria per individuare gli scafisti; adesso andiamo a prenderli, li arrestiamo, poi forse vediamo se li possiamo salvare. Questo è cambiato ed è un’ingerenza politica enorme nel salvare le persone in mare. C’è una legge non scritta che dice che in mare non si abbandona nessuno e la narrazione degli eventi ha bisogno della verità, diciamo del coraggio; il coraggio significa agire col cuore e avere il coraggio di raccontare le cose vere. Il ministro Piantedosi in cinque relazioni diverse, al parlamento, alle commissioni ha parlato di sbarco spontaneo. Io lo so che cos’è uno sbarco spontaneo, perché ci ho assistito agli sbarchi spontanei, ci ho assistito nel 2001 quando a tre chilometri da Steccato di Cutro, a nord sono arrivati i 57 migranti con una barca a vela e sono stati accolti col pane di Cutro perché la gente di Steccato di Cutro è scesa in strada con provola tagliata a fette pane tagliato a fette, casse di acqua; la farmacia ha fornito biberon e lo ha messo a scaldare per un neonato. C’era un signore ben vestito, tutto bagnato, che appena mi sono avvicinato mi ha parlato in inglese e mi ha tirato fuori un pezzo di plastica sigillato e dentro c’era la sua laurea; si era portato solo la laurea perché lui era il preside di una scuola e voleva dimostrare all’Italia che lui era una persona colta, che aveva portato la sua laurea. Allora il ministro ha parlato di sbarco spontaneo. C’è una relazione agli atti della procura che smentisce questa cosa perché lo sbarco spontaneo e quando tu non li vedi arrivare e arrivano, si spiaggiano.
Questa barca era seguita da un Radar; è stata avvistata la sera di sabato da un aereo di Frontex, segnalato e da almeno un’ora e mezza prima del naufragio è stata seguita da un radar di terra che si trova in località Campolongo, poco più a sud delle Castella. Come facciamo a dire che è uno sbarco spontaneo? Ma non solo, quando c’è stato il Consiglio dei Ministri a Cutro sono state dette una serie di inesattezze, è stato detto che la barca, Frontex la segnala solo quando è in acque italiane perché non l’ha segnalato quando era in altre acque, la segnalazione di Frontex avviene a 34 miglia al largo di Le Castella, le acque italiane sono 12 miglia e se il Presidente del Consiglio non lo sa, qualcuno gliela avrebbe dovuto dire prima di fare questo intervento perché le acque italiane sono 12 miglia e la segnalazione di Frontex è stata fatta a 34 miglia, non è acqua italiana ma sono acque internazionali. Ma al di là di questo, spero che la narrazione abbia il coraggio di dire la verità sempre e comunque sui migranti, non mi va di chiamarlo il fenomeno dell’immigrazione, mi sa di uccelli che vanno da una parte all’altra. Questi sono esseri umani che cercano una vita migliore. Nel 2003 ho realizzato un documentario, che è su youtube, con immagini vere, in cui c’è la nave Ararat al largo di Soverato con le persone che erano appese anche sugli alberi e sono tutte immagini vere e chiudo quel documentario dedicandolo a tutte le persone che inseguendo la vita hanno trovato la morte. Ecco partire dovrebbe essere una scelta non una necessità ed essere chiamati irresponsabili perché hai messo su quella barca tuo figlio, sperando che non muoia sotto le bombe o che non muoia perché i talebani ti aspettano fuori per spararti, non è da irresponsabile, è da genitore.
Gli irresponsabili sono quelli che non sono andati a prendere quella barca, su quella barca c’era una collega giornalista che si chiamava Torpekai Amarkhel che aveva lavorato a dei reportage sulla condizione della donna nel regime talebano. I talebani ogni mattina andavano a bussare alla porta e minacciavano di ucciderla; ha lavorato anche per le Nazioni Unite e forse qualcuno le avrebbe dovuto dare una mano a scappare dall’Afghanistan. Non è stato così, era su quella barca, il nipote che vive a Crotone, gli aveva pagato il viaggio e lei è morta e io alla manifestazione successiva mi sono permesso di stampare il pass di Torpekai e di distribuirlo a tutti i colleghi giornalisti che lo volessero per marciare col pass di Torpekai. Libero, un collega giornalista scriveva così il titoletto “Bruno Palermo, il giornalista di Crotone News, il quale non ha simpatie per il governo Meloni, stando a quanto pubblica sui social, distribuisce ad alcuni colleghi un cartellino con il nome di Torpekai Amarkhel”. Ora a me hanno insegnato in questo mestiere che se non c’è una cosa che aggiunge una notizia all’articolo di cronaca, è inutile metterlo. Ora che io abbia o non abbia simpatia per il governo Meloni a te, collega di Libero che importa, rispetto al fatto che io sto facendo un’iniziativa che avrebbe dovuto coinvolgere anche te perchè sto portando il nome di una collega che è morta in quella barca. Perché questa non è informazione, questa è propaganda che sono due cose diverse. I giornalisti dovremmo avere tutti il coraggio di raccontare la verità, di dire sempre la verità dei fatti.
Oppure fai propaganda e in quel caso sei un iscritto all’ordine dei giornalisti, non sei un giornalista per quanto mi riguarda. Questa cosa me la porterò sempre. Sono magnogreco in tutto. Mia mamma era della locridea e mio padre di Crotone, i greci avevano una sola parola per definire straniero e ospite e forse da qui ci arriva quella accoglienza che abbiamo, quell’ospitalità che abbiamo. I greci avevano, per definire straniero e ospite, per loro lo straniero era una persona di un’altra città, xenos, se aprite il vocabolario italiano della lingua adesso, a parte qualche investigatore fantasioso che ha dato il termine Xenia all’operazione contro Lucano, se voi aprite adesso il vocabolario della lingua italiana l’unico vocabolario che ci è rimasto con questa radice è xenofobia, paura dello straniero, 2000 anni indietro di cultura. Quello che noi stiamo cercando di fare è una rivoluzione culturale ma come tutte le rivoluzioni culturali ha bisogno di tempo perché non è una rivoluzione armata, o meglio dovrebbe essere una rivoluzione d’armata ma armata di conoscenza e cultura.
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