Il primo punto è la realtà che è più di ciò che si immagina. Oggi, in Italia, in Calabria, soprattutto nell’Occidente, qual è oggi la situazione dell’accoglienza rispetto ai fenomeni migratori? A che punto siamo? Vogliamo prendere coscienza, vogliamo farci guidare da una consapevolezza vera e autentica. Il secondo punto, quali processi dobbiamo attivare nel tempo nel momento che occupano lo spazio facile? Attivare i processi di cambiamento esige un tempo abbastanza lungo. Faccio una premessa. Spesso chi interviene su queste questioni, come Chiesa, si è accusati di essere ingerenti rispetto alla politica. Ma se stiamo zitti, non abbiamo il coraggio di intervenire e se interveniamo, facciamo politica. Allora sia chiaro, per questo voglio fare questa premessa, l’ho detto anche di recente, quando l’agenzia Kronos mi ha fatto fare delle riflessioni soprattutto sul fenomeno dell’astensionismo oggi in Italia. Io ho fatto questa premessa, solo perché siamo intervenuti su alcune questioni e qualche giorno fa c’è stato detto “voi fate politica”.
Già ogni nostro gesto è politico, tra l’altro per noi la politica è mistica arte e soprattutto la politica è una forma alta di carità o per dirla con Giorgio La Pira, per noi la politica è espressione del nostro rapporto con Dio, per noi la politica è attivare il processo di cambiamento rispetto alle questioni che andiamo ad individuare sui nostri territori. Quindi il mio intervento, perché necessariamente farò un’incursione su alcune questioni politiche, non deve essere un intervento politico partico. Io faccio come vescovo un discorso culturale, faccio un discorso per amore del popolo che è affidato alla nostra cura pastorale e in questo caso facciamo un intervento perché abbiamo a cuore la questione dei fenomeni migratori. Sui fenomeni migratori ci stiamo giocando due grandi valori, la civiltà e la democrazia. Oggi la nostra democrazia è a rischio per tante ragioni, oggi la nostra democrazia è fragile, oggi la nostra democrazia oscilla come un pendolo tra e l’otocrazia e l’autocrazia, cioè molto spesso o noi registriamo che la nostra democrazia ha dei grossi limiti e rischia di diventare autocrazia oppure la nostra democrazia è in mano alle lobby. La democrazia è il potere del Popolo? Non riesco ancora a capirlo. Spesso ho l’impressione invece che la democrazia è in mano, come sempre, delle lobby che indicano l’agenda politica. Però sul fenomeno dell’immigrazione noi ci giochiamo veramente una democrazia compiuta, reale e matura. Tra l’altro a me dà fastidio quando, in questi giorni vediamo, esultiamo che l’atletica italiana sta ottenendo risultati meravigliosi perché ci sono italiani, cittadini italiani, che vengono dalle nazioni africane. Allora va tutto bene. Qui ci sono sempre due corsie preferenziali. C’è la corsia per chi ha un ruolo già come immigrato, c’è invece chi non ha nessuna possibilità di accedere ad essere cittadini compiuti. Qualche esempio. È impossibile che un figlio nostro che ha vissuto dalla scuola primaria, al liceo, solo perché ha la pelle scura, ma è nato in Italia, oggi non siamo ancora capaci di capire che è italiano. Questo è un vulnus della democrazia. Questa è una ferita alla civiltà del nostro tempo, perché se la civiltà non è inclusiva, o se la civiltà deve ancora fare i conti con dei pregiudizi ideologici e storici rispetto ai nostri fenomeni migratori, allora vuol dire che c’è tanto tanto da lavorare. Noi parliamo dei fenomeni migratori come invasione, come emergenza, utilizziamo queste categorie che non sono vere. Un dato oggettivo. Gli italiani che negli ultimi anni sono andati o al nord o all’estero sono di gran lunga maggiori rispetto agli immigrati che sono arrivati in Italia.
La Calabria, negli ultimi 5 anni, ha perso 500.000 persone, eravamo due milioni e 300.000 abitanti, adesso siamo 1.650.000 abitanti. Questo ci fa capire evidentemente che gli italiani, i nostri concittadini, ormai da tempo, per motivi di studio o per motivi di lavoro vanno via. O intere famiglie per congiungersi con i propri figli che sono all’estero, al nord, si ricongiungono al nord o all’estero. Quindi davanti questa premessa fondamentale per acclarare la situazione, arriviamo a fare oggi l’operazione verità perché spesso la verità passa per menzogna e la menzogna per verità. Quante menzogne oggi vengono propagandate come verità. E quante verità invece non vengono assolutamente tenute in considerazione. Allora qual è oggi la realtà e qui devo necessariamente fare un discorso tecnico politico, non di appartenenza partitica. Quali sono i dispositivi di legge oggi in Italia. Vogliamo fare una sorta di memoria? Legge Fini Bossi, abbiamo ancora la legge Fini Bossi, Decreto sicurezza uno e due, Decreto Cutro, Piano Mattei e poi abbiamo l’esternalizzazione dell’accoglienza. Guardate la politica è eletta democraticamente e noi rispettiamo, però possiamo parlare del filoso Nietzsche, non cristiano, che diceva che dobbiamo educarci allo spirito critico, o noi dobbiamo accettare la categoria pasoliniana della omologazione cioè dobbiamo omologarci, omogenizzarci. Diceva un documento della fine della seconda cristianità, si chiamava la “Lettera a Diogneto” che i cattolici cristiani del mondo sono come l’anima nel corpo”, oppure esiste ancora l’obiezione di coscienza. Possiamo avere qualche volta l’obiezione di coscienza o la coscienza dell’obiezione? Non cito Sartre con “Ribellarsi è giusto”, ma qualche volta possiamo anche obiettare, oppure chi obietta deve essere sempre visto come colui che detiene la politica. Non è così, se accettiamo i meccanismi della democrazia. Qual è il filo rosso che lega questi dispositivi di legge? Io ho rappresentato la CEI a Cutro, ho la coscienza ancora graffiata, violentata, posizionata.
Ancora oggi mi pongo determinate domande. Quando sono andato al reparto di pediatria a incontrare i bambini che erano li, e i bambini attraverso i mediatori linguistici, mi hanno posto la domanda “Papà e mamma dove sono?” Io sapevo dov’erano ma erano purtroppo nel Palazzetto, racchiusi nelle loro bare. Io volevo fuggire in quel momento, dinanzi ad un bambino che chiedeva giustamente dove fossero i genitori. Qual è il file rouge, che lega questi dispositivi? C’è un documento, di qualche giorno fa, in cui si evince che finalmente verrà messa mano alla Bossi Fini, legge ormai datata. Il file rouge che lega queste norme è l’approccio sicuritario, quando parliamo di immigrati, se ne sente sempre parlare in termini di sicurezza, e poi c’è un altro pregiudizio di fondo, l’immigrato è un ipotetico criminale. Il Governatore della Banca d’Italia, qualche tempo fa, ha parlato di fenomeni come la denatalità, italiani che vanno all’estero. Panetta dice “abbiamo bisogno di risorse umane umane”. Allora vogliamo capovolgere e cambiare il paradigma culturale. L’immigrato non è un ipotetico criminale. Ha ragione don Luigi Ciotti quando dice che noi pensiamo che gli immigrati sono quelli che vengono a spacciare droga, a prostituire, a violentare tutta Europa, come se noi italiani siamo diventati tutti Adamo ed Eva prima del peccato originale. Noi Italiani tutti bravi, buoni, siamo nel paradiso terrestre.
Questa è la realtà rispetto alla quale noi ci giochiamo la democrazia e la civiltà. Io sono stato a rappresentare la CEI all’incontro con l’ANCI. Ci siamo confrontati con l’ottimo ex sindaco di Prato, sul sistema Sai, che regge ancora dopo 20 anni. Il Sai è un ottimo sistema, diciamo riverniciato, di convivialità delle differenze, termine molto caro a Don Tonino Bello. Dove la differenza è una risorsa non un problema. Papa Francesco, ancora una volta insiste su alcuni verbi importanti. Accoglienza, accompagnamento e ascolto. Per cui qual è la vera sfida, qual è la grande opportunità? Il verbo integrare, integrazione, è lì che ci giochiamo un’accoglienza umana, un’accoglienza promozionale, un’accoglienza civile, un’accoglienza democratica. Quanto siamo capaci all’integrazione, tanto l’obiettivo di un processo di accompagnamento dei nostri fratelli e sorelle immigrati sarà raggiunto. Anche io, nella mia piccola Diocesi, ho aperto un centro di accoglienza, poi chiuso perché non avevamo accoglienze. Ha funzionato bene, ma anche all’interno di queste realtà, possiamo dire che esiste il caporale numero uno che è un italiano, poi dentro il porto dei migranti scopriamo un altro caporale che va a mediare… Per cui è stato faticoso, ma l’accoglienza è possibile, abbiamo bisogno di un supporto legislativo, il mio rapporto con la Prefettura è ottimo e qui recupero un altro principio molto caro alla Chiesa, il principio della sussidiarietà verticale con le istituzioni. Noi tentiamo di organizzare prima la sussidiarietà circolare, orizzontale fra tutte le realtà presenti sul territorio e poi una verticale con le istituzioni. Ritorno, per concludere all’esperienza con Mons. Bello, quando a Bari ci siamo impegnati per l’accoglienza di immigrati, allo stadio, io ero lì con lui con tanti volontari.
Mi sono portato in parrocchia 300 ragazze e ragazzi, giovani, adulti albanesi e vi posso dire che anche quella esperienza è stata faticosa ma esaltante e meravigliosa, di meticciato vero e democratico. Don Tonino Bello quando ci vedeva in difficoltà usava sempre la parola OSARE. Diceva “noi dobbiamo osare con coraggio l’aurora anche quando il tempo è notturno”. Deve passare questa “nottata” sul problema degli immigrati, noi, la Chiesa facciamo la nostra parte, noi ci siamo, noi siamo per creare l’insieme, noi siamo contro l’autoreferenzialità che fa male, siamo contro il narcisismo patologico, contro ogni forma di individualismo, per noi esiste insieme, la grande scommessa del Sinodo, camminare insieme dentro e fuori dalla chiesa, ma insieme. Noi siamo per una visione sinodale anche sugli immigrati. Insieme possiamo farcela, però bisogna avere più coraggio. È tempo di coraggio, di essere più profetici, è tempo di capire che se c’è la nottata, l’alba arriva sempre.
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