Anno XX Numero 2 – Giugno 2023 – CHE RUMORE HA LA LEGALITA’?
100 PASSI VERSO LA LEGALITA’
Il silenzio, non quello che fa paura, ma quello attento e rispettoso, quello che fa ripercorrere storie di vita, storie di uomini e di donne che hanno lottato contro ogni forma di ingiustizia e che continuano a testimoniare la legalità anche a costo di vivere sospesi tra il coraggio e la paura, tra la libertà e la costante vigilanza. Legalità, questo il tema di questa uscita di fine maggio, ispirato sicuramente da avvenimenti che ricorrono in questo mese, come l’anniversario della morte di Peppino Impastato e della strage di Capaci, ma anche all’impegno che la nostra Fondazione da anni porta avanti. Legalità intesa non solo come aderenza alle leggi, così come sottolineato dall’etimologia della parola stessa, ma anche come questione etica, sociale, morale. La legalità che diventa lotta sociale, che da spinta individuale si trasforma in movimento, associazione, impegno. Legalità che oggi diventa una necessità, una ricerca continua e costante a cui tutti siamo chiamati a partecipare, nessuno escluso.
La Redazione
SOCIETA’
La legalità minata e ancora ricercata: tra storia, cronaca e cultura
Vittorio Ranieri – Avvocato e Giornalista
Parlare di Legalità, per dirla in maniera musicale alla Jovanotti, è come immergersi nell’ombelico del mondo delle rivendicazioni sociali oppure, se preferite, è una sorta di vaso di Pandora nel quale sono condensati, sono contenuti secoli di lotte per la conquista della Libertà.
SPIRITUALITA’
Testimoniare la legalità personale e collettiva non è una lingua morta
Claudio Venditti – Responsabile Ufficio Diocesano di Catanzaro-Squillace “Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato” e Presidente Forum Famiglie Calabria
In questo breve articolo, non farò un trattato sulla legalità, serve a poco, bensì, vorrei che fosse una piccola scossa per un grande recupero di moralità personale e sociale: di legalità testimoniata.
VOLONTARIATO E TERZO SETTORE
Legalità ed associazionismo
Redazione
L’uomo fin dalle sue origini ha sentito la necessità di fare gruppo, di raggiungere gli obiettivi con gli altri e per gli altri. La costituzione delle prime associazioni risale, in Italia, a metà del XIX secolo con lo scopo di sopperire alle mancanze dello Stato. Con il passare del tempo, l’associazionismo iniziò ad identificarsi in base allo scopo dei membri, lotta operaia, superamento della crisi agricola, orientamento politico.
SANITA’
Come sostenere un servizio sanitario pubblico, efficiente, al servizio di tutti i cittadini e che sia di prevenzione alla corruzione.
Dott. Nanci Giacinto Associazione MEDIASS Medici di Famiglia a Catanzaro
MA È IL SISTEMA DI RIPARTO DEI FONDI SANITARI ALLE REGIONI CHE È INGIUSTO E “CORROTTO”
Da quasi 30 anni tutti sanno che il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni è ingiusto e condiziona non soltanto le sanità regionali ma l’intera economia delle regioni in quanto la spesa sanitaria corrisponde la 70% del totale della spesa pubblica regionale.
ISTRUZIONE
IX edizione Premio Città Solidale. ”100 passi verso la legalità!” Un no gridato in coro alla violenza per dire sì alla legge e alla giustizia.
Gatti Alessio – IV A INF ITT Malafarina
Il 12 maggio, alle ore 9.30, presso il teatro comunale di Soverato, si è svolta la nona edizione del premio Città Solidale, “100 PASSI verso la legalità!”, organizzata da Fondazione Città Solidale Onlus, con la collaborazione dell’ANPI di Catanzaro e il patrocinio del Comune di Soverato.
SPORT
Lo sport e le sue regole, attività peculiare per costruire legalità!
ASD AD Maiora – Valerio Geracitano
Pensi a Soverato e ti vengono in mente il mare, le spiagge, le meraviglie naturalistiche consacrate dalla “Bandiera Blu”, le discoteche, la movida, i suggestivi vicoletti che contornano la splendida isola pedonale di Corso Umberto, la Pietà del Gagini e la cultura disseminata in ogni angolo del Borgo, Soverato Vecchia e il suo fascino mozzafiato e, magari, anche il celeberrimo sketch di Franco Neri sul peperoncino.
La parola a…
Mi trovo a passeggiare lungo la spiaggia, su questo tratto di costa del sud Italia dove vivo.
Oggi piove, ma sento il bisogno di camminare. Mi capita spesso quando devo raccontare di mio padre, di quello che è successo, di quello che ha segnato la vita della mia famiglia.
Il mare, la sabbia, il suono delle onde, la montagna, il rumore della gente, il suo silenzio, fanno di questa mia terra, come di tutte le terre del sud, l’espressione del contrasto che si vive abitandoci.
In questa terra sembra che non puoi non avere sete di giustizia, non puoi non avere paura, non puoi non scontrarti con quell’aria ferma e immobile che sa di destino, non puoi non ricordare le storie di quelle persone che, per questa terra, hanno perso la vita.
Mi vengono in mente le storie che ho condiviso con tutti gli altri familiari di vittime innocenti delle mafie.
Negli occhi di molti di noi leggi la forza dirompente della speranza e della volontà di cambiare.
Non puoi sperare in un futuro migliore se non ami questa terra al punto che, per te, il sole sorge tutte le mattine, anche se tuo padre è stato ucciso, se non credi che gli ideali camminano sulle gambe degli altri, in modo particolare sulle tue, se non cogli che l’insegnamento viene dalla difficoltà.
Per ognuno di noi, familiari delle vittime innocenti delle mafie, l’intensità del dolore della perdita non si è mai attenuata. Ci hanno privato delle loro vite ma non potranno mai cancellare il ricordo e l’amore né, tantomeno, zittire le nostre coscienze, la nostra e la voglia di questo paese di alzare la testa e di vivere liberi. Questo significa memoria, non smettere di parlare di queste persone, dei nostri familiari, delle nostre storie affinché penetrino dentro chi le ascolta e pesino sulla coscienza di tutti come macigni.
Il nostro dolore non è gridato ma sussurrato. Non chiede solo giustizia ma verità. E soprattutto chiede, al nostro paese, di alzare la testa dignitosamente, senza strumentalizzazione alcuna e con le proprie forze, per poter gridare a tutti che non c’è libertà senza legalità e che non può esserci legalità senza uguaglianza, senza solidarietà, senza dignità e, soprattutto, senza responsabilità.
Rifletto su come sia facile dimenticare, col trascorrere del tempo le nostre storie. Purtroppo spesso, quelle piccole, quelle semplici fanno la stessa fine delle orme sulla sabbia.
Dobbiamo sentire forte la responsabilità di raccontarle, di preservarle, di farle diventare impegno, ma impegno di tutti e non solo delle persone che li hanno amati in vita.
La storia di VINCENZO GRASSO, mio padre, è una di queste storie semplici.
La storia della mia famiglia comincia a Locri dove mio padre voleva condurre un’esistenza normale, vivere da uomo libero.
Aveva cominciato a lavorare molto presto, come apprendista, da un meccanico, ed era bravo, talmente bravo che piano piano e con fatica si era messo in proprio. All’inizio una piccola officina che però, grazie alle sue capacità e al duro lavoro, aveva fatto crescere. Così aveva cominciato a vendere ricambi, auto usate e poi auto nuove. La sua passione per il mare gli fece investire nella nautica così la sua attività si allargò con la manutenzione e la vendita di motori marini e barche. Una vita fatta di lavoro e famiglia. Una famiglia che amava, tre figli che educava alla vita e cresceva con amore insieme a mia madre, con la quale divideva tutto.
Ma nel mio paese la libertà di lavorare doveva fare i conti con loro, le famiglie di ‘ndrangheta che controllavano il nostro territorio, che ti lasciavano “in pace” solo se dividevi quello che incassavi ogni mese.
I miei ricordi dell’infanzia sono segnati dai risvegli bruschi nel cuore della notte da colpi di arma da fuoco contro la saracinesca dell’attività di mio padre. Erano gli inizi degli anni 80. Ricordo la paura che ci colse nel sonno. Era il modo per costringere mio padre a pagare la “mazzetta”.
Mio padre ci spiegò quello che stava succedendo, che quegli spari erano per spaventarci perché volevano soldi per farlo continuare a lavorare e ci disse che avrebbe denunciato perché “l’unico modo per essere felici nella vita è comportarsi bene”, questo ci disse. Mio padre era un uomo sorridente sempre allegro, ma certo quello che ci stava succedendo gli faceva paura. Ma la paura non è nemica del coraggio. E denunciò. Anni di denunce e di intimidazioni fatte di colpi sparati contro le vetrine dell’attività e di telefonate. Ho risposto alla prima telefonata di minacce nel 1984 a 14 anni. Era un giorno normale ed io ho semplicemente risposto al telefono che squillava perché ero la più vicina. Una voce calma senza nessun accento mi ha detto di dire a mio padre di pagare o ce l’avrebbero fatta “pagare” loro. E a 14 anni ho fatto la mia prima denuncia. Perché se sei educata al rispetto della legge, questo fai. Nel 1986, mio padre aveva da poco trasferito l’attività in una struttura più grande, una mattina di domenica ci chiamano… c’è del fumo. Noi corriamo, mio padre avanti arriva per primo…entra…ma non c’è più nulla da fare, hanno bruciato tutto.
Lo vedo piangere per la prima volta. Ma lo vedo anche reagire, rialzarsi, chiamarci per ricominciare. Un gesto che è valso più di mille parole. Un esempio che ci ha segnato ed aiutato nei momenti più difficili che abbiamo dovuto affrontare.
Il 20 marzo del 1989 ho salutato mio padre sotto casa, lui stava chiudendo il negozio, io uscivo a fare una passeggiata.
Dopo poco una macchina si è fermata e da dentro lo hanno chiamato. Mio padre, che era un uomo educato alla vita, si è avvicinato pensando avessero bisogno di qualcosa, ma dal finestrino gli hanno sparato due colpi di fucile caricato a pallettoni.
Il 20 marzo dell’89 è rimasto per me, per i miei fratelli, per mia madre “Quel giorno”. Da quel giorno nulla è stato più lo stesso. La paura, lo sconforto, la rabbia, il dolore, ci hanno investiti e trascinati.
Dopo quel giorno, il suo esempio ci ha salvato.
Abbiamo continuato a fare quello che faceva lui: a non chiuderci nella paura e a continuare. Da quel dolore è nato l’impegno. Impegno a chiedere una giustizia fino ad oggi negata, come nella maggior parte degli omicidi di vittime innocenti in Calabria; impegno a fare memoria della storia di mio padre un uomo semplice ed onesto, che amava la sua terra e la sua famiglia, che lavorava per costruire una società migliore, con la sua semplicità ed il suo sorriso. Raccontare la sua storia affinché la sua morte non sia stata vana affinché il suo esempio diventi impegno nel nostro agire quotidiano a vivere nel rispetto delle regole e a testimoniare che si può scegliere da che parte stare, che si può scegliere per il bene e che questa scelta è l’unica possibile che porta alla felicità.
Per caso, a distanza di anni, riponendo alcune vecchie carte, ho trovato una lettera scritta da lui ad alcuni giornali. Ho pensato che la cosa migliore da fare è che lui stesso, con le sue parole, racconti di sé, dell’uomo speciale che era, del padre che non ha potuto accompagnare nel percorso della vita, i suoi tre figli.
“Locri 09/04/86
Al Sig. Enzo Biagi
Al Corriere della Sera
All’Unità
Alla Gazzetta del Sud
Sono un artigiano che da 30 anni opera nella mia zona facendo crescere una famiglia onesta e nel fermo proposito di rispettare le leggi di questo Stato, oggi però ho 50 anni e mi sento avvilito e sconfortato, in precedenza avevo ricevuto attentati estorsivi, però ero riuscito a superarli, nel meglio dei modi, senza venire nei dettagli.
Questo mese invece mi hanno distrutto tutto, un incendio doloso mi ha procurato circa 200.000.000 di danni, riuscirò a sollevarmi data l’età? Non credo. Il paese in cui vivo è sotto una cappa di terrore. Come può un cittadino credere che tutto ciò possa accadere, vorrei raccontare tante cose, potrei non essere creduto ecco perché scrivo a questi giornalisti che ritengo onesti e con loro vorrei parlare ancora, perché nella nostra terra c’è posto per tutti si tratterebbe di individuare i mali, almeno se non per me per i nostri figli che noi alleviamo con tanto amore.
Un cittadino che si ritiene onesto.”
Ed il 4 marzo del 1997 il Presidente della Repubblica conferisce alla sua memoria una medaglia d’oro al merito civile con la seguente motivazione: “Commerciante impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata, benché consapevole del rischio cui si esponeva, si opponeva tenacemente a una lunga serie di minacce estorsive. Per tale coraggioso atteggiamento ed inflessibile rigore morale rimaneva vittima di un vile attentato. Nobile esempio di ribellione alla violenza criminale, nonché di elette virtù civiche, spinte fino all’estremo sacrificio”.
Pensieri al tempo del covid
L’esperienza del Covid, ancora non totalmente conclusa, ha naturalmente interessato anche Fondazione Città Solidale, sia in quanto Organizzazione (che ha dovuto fronteggiare l’emergenza nell’emergenza), sia in quanto persone, ciascuna con il suo ruolo, le sue responsabilità, la sua sensibilità. Molti in questo periodo hanno scritto, per fare memoria, per ritrovare un ordine ed un senso, per appuntare e trasmettere emozioni e riflessioni utili a sé stessi ed agli altri. Lo hanno fatto anche i componenti di Città Solidale: operatori, ospiti, il Presidente… E’ stato racchiuso tutto in questa raccolta che potete ricevere subito chiamando il n. 3519661212.
*Il contributo sarà devoluto ad iniziative legate al covid 19