Sono decine di migliaia i pazienti che beneficiano ogni anno, nel mondo, di un trapianto d’organo.
Attualmente più dell’80%dei pazienti che vengono trapiantati ritornano ad un’ottima qualità di vita, sottraendosi a terapie invalidanti o salvandosi da malattie mortali.
Quando una malattia colpisce in maniera irreversibile l’attività di organi come il fegato, i polmoni, il cuore, i reni, l’occhio, il pancreas, la cute e le terapie mediche risultano insufficienti, si può effettuare la sostituzione dell’organo stesso mediante un trapianto.
Il trapianto rappresenta uno strumento terapeutico efficace e sicuro nel sostituire l’organo “malato” e non più efficiente, ma questo necessita di una risorsa unica: la donazione di un organo.
La donazione, tecnicamente, consiste nella rimozione di uno o più organi da un corpo per poterne poi fare utilizzi clinici vari, quali, nel caso specifico, il reimpianto degli stessi in altri soggetti, viventi. Il fine è quello di restituire una vita piena a chi riceve il trapianto che diventa una terapia sicura e consolidata per la cura delle varie, gravissime, insufficienze.
Ma cosa c’è dietro alla donazione di un organo.
C’è una storia di uomini, di medici, di tecnici, di studiosi, e ci sono le speranze e i tentavi di sopravvivenza e di guarigione, di superamento di una malattia.
Si fa risalire ai santi medici Cosma e Damiano, nel III secolo d.c., il primo trapianto di una gamba, ma è dal 1902 in poi che si iniziarono ad attuare, grazie al chirurgo Carrel in Francia, le prime procedure chirurgiche con l’avvio di nuove tecniche di sutura che consentirono di collegare i vasi sanguigni di un organo estraneo, alla circolazione di un altro organismo ricevente.
E fu poi un susseguirsi di medici chirurghi e ricercatori, da Madawar che tracciò la strada sull’attività immunitaria dell’organismo post trapianto, a Starzl che fece il primo trapianto di fegato, a Barnard che eseguì il primo trapianto di cuore, a Murray al quale si deve il primo trapianto di rene, fino ai vari e svariati studi chirurgici e ricerche farmacologiche che hanno favorito la trapiantabilità degli organi fino ad uscire dalla fase pionieristica della sperimentazione e diventare una terapia sicura ed efficace e che deve essere assicurata a tutti coloro che ne hanno bisogno. Al proposito, nonostante i successi clinici e chirurgici che si sono ottenuti fino ad oggi, il problema che limita le potenzialità dei trapianti è legato alla disponibilità degli organi.
Negli ultimi anni sono stati compiuti molti sforzi per trovare soluzioni volte ad aumentare il numero delle donazioni di organi destinati al trapianto, indubbiamente la ricerca continua a fare passi da gigante orientandosi anche su possibili soluzioni alternative come gli organi artificiali e lo xenotrapianto, ma ancora rimane indispensabile la donazione di organi sia da cadavere che da vivente.
In Italia, grazie all’approvazione della legge 91 del 1999, si è potuto riorganizzare il sistema dei centri trapianto e creare così una fiducia crescente da parte della popolazione nei confronti della donazione degli organi. Il lavoro svolto giorno dopo giorno dagli operatori del settore ha prodotto dei risultati concreti in termini di informazione dei cittadini, di fiducia delle persone nei confronti dei medici, che hanno il ruolo di comunicare con i familiari sulla possibilità di donare gli organi. Anche la costante attività di tante associazioni di volontariato (come L’AIDO etc) o le campagne per la sensibilizzazione, sul lungo periodo, hanno prodotto buoni risultati, oggi infatti l’80% della popolazione italiana si dice favorevole alla donazione degli organi.
La nuova legge sui trapianti del 1999 ha avuto il merito di semplificare le procedure di espianto degli organi da un corpo di cui sia clinicamente accertata la morte cerebrale, essa limita il potere di veto dei familiari a vantaggio del consenso informato del soggetto defunto: tutti i cittadini maggiorenni devono decidere se prestare o meno il proprio consenso alla donazione, consenso che può essere espresso in diversi modi, con una dichiarazione scritta che si porta con sé, oppure registrando la volontà alla propria ASL o al medico di famiglia, o ancora compilando il tesserino blu del ministero della sanità.
Interviene a favore anche la mancata dichiarazione di volontà: equivarrà al consenso all’espianto la volontà inespressa; diventerà dunque automaticamente donatore, per il principio del silenzio- assenso chi non si esprime in vita. Sarà invece necessario il consenso dei genitori, nel caso di espianto da minori.
Sempre più pazienti, salvati da un trapianto, sono divenuti “messaggeri di speranza”. Ma si rileva fortemente l’aspetto etico e morale dell’argomento, è giusto o è sbagliato donare.
Donare è un atto d’amore, solidale, non sempre emotivamente gratuito, ma sicuramente grande e utile, utile soprattutto al fine di restituire a chi sta male quel “diritto alla dignità della vita” che dovrebbe appartenere a tutti.
Mi permetto di riportare due citazioni per avviarmi a concludere questa breve dissertazione:
“Donare significa consegnare un bene nelle mani di un altro senza ricevere in cambio alcunché. Nel donare c’è un soggetto, il donatore, che nella libertà non costretto, per generosità e per amore fa un dono all’altro indipendentemente dalla risposta di questo. Donare è quindi un movimento asimmetrico che nasce da spontaneità e libertà. Credo che il donare sia possibile perché l’uomo ha dentro di sé la capacità di compiere questa azione senza calcoli: sa eccedere nel dare più di quanto sia tenuto a dare. È questa la grandezza della dignità della persona umana: sa dare se stesso e lo sa fare nella libertà!”
Enzo Bianchi (priore di Bose)
“Il valore di una persona risiede in ciò che è capace di donare e non in ciò che è capace di prendere”
Albert Enstein
Maria Capria – Nefrologa
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