La scuola per antonomasia è il luogo dell’educazione, è il posto in cui i bambini imparano, si relazionano con i coetanei, e i giovani costruiscono i loro sogni. È la seconda agenzia educativa dopo la famiglia, se non addirittura la prima in conseguenza alla delega che i genitori sempre più impegnati le affidano. È il posto in cui vi è una ricchezza enorme, vi è vita, è l’incontro, lo scontro e la sinergia di tantissime diversità e nel caso delle persone con disabilità può rappresentare un punto di riferimento importante per sopperire alla carenza di servizi alternativi e per aiutare lo studente e la famiglia a progettare il futuro. È di Progetto di Vita che da tempo si sente parlare, di una dimensione nuova in cui non si scrivono obiettivi e strategie ma i bisogni e i desideri delle persone con disabilità. In Italia la legislazione c’è, ma la strada da percorrere è ancora lunga ed in salita. Partiamo dal principio. La legge 104 del 1992 prevede che si predisponga un progetto individuale per ogni singola “persona con disabilità fisica, psichica e/o sensoriale, stabilizzata o progressiva”; la legge 328/00, la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, ribadisce la necessità della predisposizione di un percorso individuale per la piena integrazione scolastica, lavorativa e sociale della persona con disabilità. È un lavoro di rete tra le diverse realtà che ruotano intorno alla persona, la famiglia, la scuola e l’Unità Multidisciplinare delle Asp, un lavoro che mette al centro la persona con i suoi interessi e le sue potenzialità. Il progetto individuale è oggi al centro di tante azioni di governo che lo definiscono un diritto soggettivo perfetto e quindi pienamente esigibile che cammina di pari passo con la certificazione ed accertamento delle disabilità. Una citazione merita anche la legge 112/2016 “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare”, il DOPO DI NOI, ancora un sogno in tante realtà italiane. Se ci soffermiamo sulla scuola è nella “Buona Scuola” che si chiarisce il ruolo della seconda istituzione più importante in relazione
alla disabilità. Ma non è solo la legge a mettere in chiaro ciò, è una questione educativa, etica di un’Istituzione che non trasmette solo nozioni ma che ha il dovere di formare uomini e donne di domani e di costruire un ponte verso il futuro. Sono cambiati i tempi in cui le persone con gravi forme di disabilità non avevo gli strumenti per concludere il percorso di studi. In passato ci si fermava alle scuole secondarie di primo grado, utilizzando la tecnica della permanenza, in accordo
con la famiglia, per sopperire alla mancanza di servizi sociali adeguati e accoglienti. Oggi la persona con disabilità si autodetermina anche attraverso la scuola, sceglie di continuare il proprio cammino fino al completamento dell’intero ciclo, e lo fa fruendo di un diritto indiscutibile, ovvero una didattica personalizzata, un esame di maturità calibrato sulle sue potenzialità e sul suo percorso. È una scuola che educa all’autonomia, che insegna agli studenti che un futuro è possibile
per tutti e lo fa attraverso percorsi alternativi di alternanza scuola lavoro ma anche attraverso una rete forte e consolidata con il privato sociale. Far conoscere cosa c’è dopo, far vedere che non si è soli anche quando con una patologia la famiglia non c’è più, che esistono delle possibilità, aumenta la motivazione a proseguire, a costruire, a discapito della paura dell’ignoto e della
solitudine. È questa la scuola che piace, quella che fa famiglia, che fa comunità!
Prof.ssa Roberta Critelli