Nelle società antiche, quelle meno evolute, in cui le comunità erano rappresentate dalle mura domestiche e le regole di convivenza erano basilari, la produzione e lo scambio avvenivano per il sostentamento della famiglia, per soddisfare i bisogni primari di ogni singolo membro. Siamo nell’ambito dell’economia di sussistenza ovvero quello che si produce si consuma e ciò che eccede si scambia con qualcosa che è necessaria ai bisogni dell’uomo. Lo scambio di un prodotto con un altro è denominato Baratto. Esso ha origini antichissime, dalle prime civiltà al Medioevo era alla base di ogni forma di economia, manifestando nel tempo una serie di limiti per l’evoluzione dell’uomo e della società. La deperibilità dei beni intimava uno scambio veloce e un consumo immediato, i tempi di produzione e di consumo spesso coincidevano ma soprattutto il valore della merce di scambio doveva essere equilibrato. La moneta inizialmente era stata realizzata proprio per sopperire al possibile gap presente tra il valore delle merci scambiate, fino a sostituirne completamente il valore e a perdere quella minima connotazione che lo rendesse associabile al dono: non più un oggetto per uno oggetto, uno scambio per sopperire ai bisogni, ma un valore numerico, commerciale. Quindi non solo si perde la connotazione di scambio ma anche quella del dono che ha come peculiarità la gratuità. Siamo certi della gratuità del dono? In latino Donum sta ad indicare l’oggetto che si dona. Erri De Luca associa il dono al concetto biblico della manna, un’assistenza quotidiana e ininterrotta, Dio non si fa condizionare dal comportamento del popolo, assicura a tutti quanto serve. De Luca afferma “Il mondo si regge sulla manna, sull’economia del dono, che scombina la ragioneria della partita doppia dare/avere. Non è utopia di là dell’orizzonte e non è stella cometa, apparizione breve e che lascia il cielo come prima. L’economia del dono è questa porzione di manna. Distribuita nei deserti, nelle aridità, nutre il sorriso e dà valore alla parola grazie”. Non c’è immagine più bella, di una benedizione distribuita in un deserto. E cosa è oggi la nostra società se non un deserto di relazioni, di quelle vere in cui il dono è tangibile con una carezza, una stretta di mano, un abbraccio…E’ possibile che il dono fiorisca anche nel deserto creato dal virtuale, dall’immateriale, dove un’emoticon rappresenta un sorriso, e un messaggio, un tweet un pensiero gentile nei confronti di qualcuno? Forse il dono ha solo seguito i cambiamenti, si è adeguato, ha assunto nuove forme, ha conosciuto nuovi mezzi di scambio, ma non ha perso la sua connotazione sociale, il pensiero verso l’altro, il sospiro del cuore di chi lo riceve ma anche di chi lo dà. In conclusione, è giusto dunque affermare che il dono nella sua forza emotiva e sociale, nella sua accezione moderna, perde la sua connotazione di gratuità in uno scambio, baratto di emozioni e sensazioni tra chi lo offre e chi lo riceve. Non è una gioia per il cuore solo per chi inaspettatamente riceve un “regalo” ma anche per chi con profondo amore e riconoscimento per l’altro dona e si dona, rendendo anche un semplice oggetto un prolungamento della propria essenza!
Redazione Fondazione Città Solidale
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