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Negli ultimi decenni la vita scolastica è cambiata profondamente. Da una parte le innovazioni tecnologiche hanno consentito lo sviluppo di strumenti, tecniche e strategie del tutto inedite e, con esse, la predisposizione di nuovi ambienti di apprendimento, plurali e flessibili. Dall’altra, i processi di globalizzazione ed i crescenti flussi migratori hanno determinato una popolazione scolastica eterogenea, portatrice di culture e valori plurimi. Da tempo ormai l’Unione Europea sta promuovendo l’adozione stili educativi volti a formare competenze spendibili nella complessità di un mondo continuamente cangiante.

La scuola è chiamata ad interpretare tutto ciò, a diventare laboratorio di formazione, contesto in cui più che trasmettere conoscenze si crei supporto verso la formazione di una cittadinanza attiva. Al centro di essa non è più l’insegnamento ma l’apprendimento, non più le conoscenze, il sapere, ma il saper fare,
il sapere agito, che renda capaci di comprendere i costanti cambiamenti e di muoversi agevolmente in essi.

Il lavoro del docente è perciò cambiato: da esperto che dispensa conoscenze è diventato giuda, facilitatore, supporto per un apprendimento autonomo, nella costruzione attiva della conoscenza da parte degli allievi. Non solo: l’attenzione si è sempre più concentrata sulla diversità umana, sui bisogni formativi di ciascuno, sui personali stili di apprendimento e di pensiero. La scuola deve perciò divenire flessibile, comprendere, valorizzare e adeguarsi alle differenze. Solo rispondendo adeguatamente ai diversi bisogni essa può diventare davvero inclusiva e le tante buone intenzioni possono concretamente divenire buone prassi, in termini di individualizzazione e personalizzazione. Una scuola per tutti e per ciascuno.

Se al centro dell’azione didattica non è più il lavoro del docente ma quello degli allievi, le metodologie d’insegnamento dovranno prevedere strumenti, tecniche e strategie focalizzate su di essi e dovranno rendersi flessibili e ricche, in modo da contenere le proposte più adeguate per ciascun allievo, affinché possa seguire le vie più agibili verso il proprio apprendimento.

Ben vengano dunque le attività diversificate, i laboratori didattici, gli ambienti di apprendimento costruiti con il supporto delle tecnologie informatiche, i prodotti didattici multimediali, interattivi, ricchi di possibilità di accesso. E, con essi, i lavori di gruppo, l’apprendimento cooperativo, la ricerca responsabile per la crescita della comunità scolastica in apprendimento, lo scambio di contenuti e conoscenze, la messa a disposizione di abilità diverse, di competenze maturate, a supporto dell’apprendimento altrui e per il rafforzamento del proprio.

Ciascun allievo è interno ad un processo e si sforza in esso nei termini delle proprie possibilità per costruire conoscenza insieme agli altri. Ciascuno è al tempo stesso artefice, responsabile del proprio apprendimento e supporto per i compagni, aiuta l’altro nelle difficoltà e viene da quest’ultimo aiutato nelle proprie, con un’azione di tutoraggio flessibile e reciproca. Il docente avvia il lavoro, chiarisce le condizioni di esso, offre le direttive fondamentali ma poi osserva, sostiene, indirizza, chiarisce, lascia spazio agli allievi e alle loro possibilità di risoluzione dei problemi, intervenendo dove l’autonomia è più fragile ma non nelle situazioni in cui grazie al tutoraggio tra pari si riescono a superare le eterogenee difficoltà.

L’aiuto del compagno e la possibilità di fornire ad esso supporto stimolano la formazione di personalità definite e la crescita dell’autostima, nonché il senso di appartenenza e la condivisione. Qui, è evidente, saltano tutte le differenze, perché non vi è più una normalità cui adeguarsi. La differenza, infatti, è essa stessa normalità, è accolta come ciò che è più proprio. Diventa perciò anche superfluo specificare l’accoglienza della disabilità, perché essa appare come una delle tante modalità di esistenza che, come tutte la altre, è portatrice di aiuto per la crescita della comunità.

Una scuola siffatta è una scuola inclusiva.

prof. Concettina Naccarato

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